Lello Arena in mezzo ai “Parenti Serpenti”


Ha debuttato al Teatro Cilea e resterà fino al 29 gennaio “Parenti Serpenti” per la regìa di Luciano Melchionna

Lo spettacolo è tratto dal copione di Carmine Amoroso che fu portato al cinema da Monicelli; Luciano Melchionna, però, come spesso fa, sfonda la quarta parete e tramuta la platea del Teatro Cilea in un elemento costitutivo della pièce stessa.

Il sipario già aperto accoglie il pubblico in sala e la scenografia di Roberto Crea non fa rimpiangere i fasti di un Sistina ai tempi in cui debuttò “Rugantino” o  -qualche decennio dopo- “I sette re di Roma”; il movimento di questo stralcio di presepe da campana ha un impatto talvolta ipnotico, accresciuto dalle musiche firmate Stag.

La narrazione si adatta alle tavole dal palcoscenico, la partenza è dolce, di una lentezza leggera che ha l’odore malinconico della vecchiaia segnata dai ricordi e da una malattia che, di tanto in tanto, te li ruba; ma questo non va a scapito del ritmo che -in un crescendo che deve tanto al talento degli interpreti- arriva a raggiungere picchi di inaspettata comicità ad un andamento sostenuto, in un teatro dove la libera circolazione degli interpreti in platea dà origine ad un movimento senza sosta che non consente  al pubblico di uscire dalla storia di Saverio e di Trieste.

Lello Arena conferma, anche qui, la sua versatilità attoriale sfruttando al meglio i registri recitativi che occorrono per portare in scena l’uomo che Saverio è stato, prima figlio poi genitore, vestendo il personaggio di poesia e tenerezza; sembra lui il fulcro intorno al quale tutto ruota, e sua moglie la vittima designata di questo caravanserraglio che si muove sotto l’albero di Natale. In realtà Trieste (Giorgia Trasselli) fa da spalla al marito fino a quando non giunge il momento della verità, quello che sconvolgerà la vita dei loro quattro figli: è in quel momento che tutto lo spessore del personaggio viene fuori, è lei che detta le regole, lei non chiede, lei è la Legge, è la mamma che informa la sua famiglia che si sta andando incontro ad un cambiamento e che esso avverrà secondo le regole che lei ha scelto.

Da questo punto in poi, Saverio e Trieste sbiadiscono lentamente fino a diventare figurine da presepe, mentre prende corpo la bassezza, le frustrazioni, le bugìe, le lotte intestine tra i figli secondo dinamiche familiari note a molti, fino a giungere all’epilogo finale, anche questo reso mirabilmente dal regista secondo le regole di un teatro e di una scrittura -quella di Melchionna- che stupisce sempre, sorprende e sbalordisce attraverso le emozioni, anche quelle più becere.

I figli Fabrizio Vona /Alfredo, Autilia Ranieri / Milena, Andrea de Goyzueta / Alessandro, Carla Ferraro / Gina, Annarita Vitolo / Lina, Raffaele Ausiello / Michele hanno saputo con grande maestrìa guadagnarsi la disapprovazione e forse l’odio degli spettatori, soprattutto nella seconda parte dello spettacolo, quando rivelano la loro vera natura.

la scena finale
la scena finale
ph: Luigi Maffettone

 

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