Grande successo al Teatro Carlo Felice di Genova per Rapsodia satanica, musica di Pietro Mascagni per il film muto di Nino Oxilia (1915/1917). Sul podio Valerio Galli. Poi “Gianni Schicchi” con la regia di Rolando Panerai. “Rapsodia Satanica” (Edizioni Curci srl /revisione critica di Marcello Panni) è la rara composizione mascagnana che accompagna il film muto di Nino Oxilia (sopra il titolo: un fotogramma). E infatti le note del compositore livornese seguiranno la proiezione della pellicola di Nino Oxilia datata 1915/1917 e restaurata dalla Cineteca di Bologna. Le musiche originali saranno eseguite dal vivo, con la direzione del toscano Valerio Galli.
Una prima parte caratterizzata da un film muto del 1915 del regista Nino Oxilia, nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, è stato eseguito con le musiche originali di Pietro Mascagni. La vicenda, una versione al femminile del mito faustiano, ispirò immediatamente Mascagni, che impiegò più tempo per la minuziosa sincronizzazione del sonoro che per la composizione vera e propria. Si tratta di una delle prime colonne sonore realizzate appositamente da un compositore: dopo la prima del 1917 Mascagni diresse diverse volte la partitura.
La colonna sonora, come avvenne in occasione della prima assoluta del film, è eseguita “dal vivo” durante la proiezione, con l’orchestra rigorosamente collocata in buca. Ed è proprio la direzione di Valerio Galli il punto di forza della proposta genovese. Galli crede in questa musica, ne è entusiasta e trasmette il suo entusiasmo al pubblico. Ricerca sempre la timbrica giusta, misura con appropriatezza l’intensità del suono, cui conferisce sempre un ruolo protagonistico paritario rispetto a quanto viene proiettato sullo schermo. In tutto questo è supportato dall’ottima prestazione dell’Orchestra genovese.
A conclusione della proiezione del film il direttore ha generosamente condiviso gli applausi con l’intera orchestra.
Galli concerta e dirige Gianni Schicchi, di cui svela l’amara ironia, lo sberleffo, il senso di crudeltà e di bassezza umana che permea la partitura di Puccini. Ne coglie soprattutto lo straordinario ritmo narrativo, rendendo molto chiaro come la scelta di abbinare un film, seppure d’antan, a un’opera a tutti gli effetti, seppure in un atto unico, sia tutt’altro che un ripiego: ancora molto melodrammatico il primo, già decisamente cinematografica la seconda.
I costumi di Vivien A. Hewitt, qui anche in funzione di aiuto regista, si collocano nel solco della tradizione: niente “colpi di teatro”, nessuna interpretazione in chiave psicoanalitica, nessuno scostamento all’ambientazione prevista da librettista e musicista.
Molti applausi per i due innamorati: Serena Gamberoni (Lauretta), che ha saputo toccare le corde dell’emozione con l’aria “O mio babbino caro” e Matteo De Sole (Rinuccio), che ha raccolto un applauso a scena aperta con il suo “Avete torto”, davvero convincente, con voce molto pulita.
Tutti i personaggi risultano comunque particolarmente affiatati e a proprio agio nella scenografia di Enrico Musenich. Applaudita anche la direzione di Valerio Galli.
Personaggi e interpreti:
Gianni Schicchi, Federico Longhi/Fabio Capitanucci
Lauretta, Serena Gamberoni/Benedetta Torre
Zita, Sonia Ganassi
Rinuccio, Matteo Desole/Manuel Pierattelli
Gherardo, Aldo Orsolini
Nella, Francesca Benitez
Gherardino, Vittorio Farinella / Michela Gorini
Betto di Signa, Enrico Marabelli
Simone, Luigi Roni
Marco, Marco Camastra
La Ciesca, Elena Belfiore
Maestro Spinelloccio, Matteo Peirone
Ser Amantio di Nicolao, Matteo Peirone
Pinellino, Davide Mura
Guccio, Giuseppe Panaro
Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice
Patrizia Gallina
(Foto di Marcello Orselli)