La conversione da acqua a vino torna a suscitare grandi interrogativi
Se avete cliccato su questo articolo con la convinzione di poter rispondere alla domanda presente nel titolo, vi ricrederete, garantito. Se ad oggi la conversione da acqua a vino era appannaggio solo di un certo “divino lignaggio”, la magia della conversione etilica sarà prossimamente a disposizione anche dell’uomo comune. Non per volontà divina ma grazie ad una promettente startup di San Francisco.
I bravi ragazzi di Ava Winey hanno infatti creato un nuovo tipo di vino che… non contiene uva! E attenzione perché non parliamo di distillati meno noti ma apprezzatissimi come quello di mele, ma di vero e proprio “vino sintetico”. Gli ideatori sono i due fondatori della startup, Mardonn Chua e Alec Lee, due amici il cui scopo era originariamente quello di riprodurre, nel modo più fedele possibile, una bottiglia di Chardonnay che tanto avevano desiderato, ma che si era scoperta molto al di sopra delle loro possibilità economiche.
E così nel loro tempo libero, questi due bontemponi dell’enologia si sono messi a “sezionare” il vino, analizzandolo nelle sue caratteristiche fondamentali grazie al supporto di un sommelier. Lo scopo della ricerca era quello di identificare le molecole che conferiscono ai vari vini (2 quelli analizzati da loro: Chardonnay e Pinot) aroma e gusto, in modo da poterle classificare e catalogare.
Compreso ciò, il duo ha potuto quindi stilare una vera e propria ricetta, grazie alla quale la giusta combinazione di aromi, acqua e alcol etilico ha portato alla creazione di un fedele Moscato d’Asti, o almeno così dicono. Attualmente lo scopo del team è quello di dimostrare che, con un sapiente uso di biologia e chimica, è possibile ripercorrere il pedigree dei più affermati marchi enologici, tanto che la prossima sfida sarebbe il prelibato Champagne Dom Pérignon. Che poi i frutti del loro lavoro possano effettivamente essere messi in commercio senza incorrere in beghe legali praticamente certe è tutto da vedere. Intanto il lavoro del duo ha catturato l’attenzione degli enologi e dei sommeliers di tutto il mondo, tanto che alcuni di essi hanno chiesto di assaggiare il vino così prodotto.
Il verdetto? Sa di plastica.