Robin, un cellulare tra “le nuvole”

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Nasce a San Francisco il primo smartphone in cloud computing!

Se possiedi uno smartphone (e lo possiedi) lo sai: esso sarà vittima di una quantità di dati tale da farti ammattire. Applicazioni, foto, aggiornamenti, i telefoni cellulare, nel loro animo assolutamente tecnologico, sono ormai diventati delle macchine in costante movimento computazionale il che, com’è ovvio, crea spesso molti grattacapi per quel che riguarda la memoria di archiviazione. Spazio che si esaurisce, dispositivi che diventano tremendamente lenti, e chip che si scaldano come non mai.

Soluzione per dati e memoria

Alla luce di ciò, la proposta di Nextbit, un’azienda neanche troppo piccola in quel di San Francisco, ci suona come una sorta di rivoluzione. Con Robin, infatti, il costruttore di cellulari statunitense vuole affacciarsi al mondo del cloud, che tanto bene sta facendo proprio in termini di archiviazione nel mondo del lavoro “computerizzato” e che già da un pò bazzica il mondo del videogame.

Ma cosa si intende con “cloud”?

Un sistema cloud (trad: “nuvola”) è in pratica un metodo di erogazione informatica che utilizza internet per salvare, conservare e processare informazioni. In cloud, insomma, non è solo possibile conservare qualcosa direttamente in rete per poi scaricarlo in qualunque istante (e su qualunque dispositivo), ma è addirittura possibile processare dati.

Chiarito ciò, la particolare rivoluzione di Robin consiste proprio nel trasferire gran parte dei compiti di calcolo (e di archiviazione) in una rete cloud rendendola però disponibile in background. È come se immaginassimo che quel che si installa sullo smartphone di fatto c’è ma non c’è, evitando appesantimento e rallentamento del dispositivo.

Il bello è che tutto può essere salvato in cloud per farsi spazio sul cellulare, per poi magari fare un cambio e ripassare quel che di nuovo si ha sulla rete per ri-scaricare quello che si era archiviato. Da questo punto di vista le possibilità sono teoricamente infinite e spaziano in base a quelle che possono essere le dimensioni messe a disposizione del singolo utente (perché, ricordiamolo, è ovvio che non ci saranno giga illimitati in cui salvare per tutti gli utenti di Robin).

Il progetto dello smartphone Robin

Il progetto, nato interamente su Kickstarter, muove dunque i primi passi, con un cellulare attualmente pre-ordinabile in tre diverse colorazioni (ma tutte sulle tonalità del blu), e con sistema operativo Android su processore Snapdragon 808 con 3GB di Ram. Robin peserà circa 150 grammi, e purtroppo non sarà ancora in grado di competere con le performance dei top di gamma della telefonia, ma l’idea di un telefono in cloud ci solletica e si sposa anche con una delle pecche peggiori delle ultime generazioni di smartphone: la durata della batteria.

Poiché Robin scarica i dati solo quando richiesto (o ne approfitta quando è in carica), gran parte dei processi che normalmente sono in background sui nostri dispositivi sono, con Robin, inestistenti (o presunti tali). L’unica postilla che proprio potremmo fare è quanto sia sicuro un sistema di archiviazione dati in cloud, ma questa è una discussione che esula da Robin, e che parte dalla rivoluzione di Dropbox ormai avvenuta già anni fa.

È indubbio che a molti spaventi l’idea di mettere in rete le proprie informazioni senza essere certi di chi le conservi e con quanta sicurezza, ma ad ora ci piace di più pensare al salto tecnologico che con Robin potrebbe avvenire, piuttosto che ad eventuali problemi di privacy che, ne siamo certi, saranno chiariti con il lancio ufficiale del sistema cloud di cui il telefono sarà proprietario.

Non manca poi molto del resto: marzo 2016.

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