<em>“Ci manda San Gennaro” edito da HarperCollins, è l’ultimo libro di Francesco Pinto, un’esilarante commedia ambientata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i cui protagonisti, due uomini molto lontani fra loro per estrazione sociale, si ritroveranno a compiere un viaggio insieme al fine di portare a termine una vera e propria mission impossible: riportare a Napoli il Tesoro di San Gennaro.
“Ci manda San Gennaro” di Francesco Pinto, trama
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- 1. Recensione
- 2. L’autore
Napoli, 1947 – Durante la Seconda Guerra Mondiale il prezioso Tesoro di San Gennaro viene portato a Roma affinchè venga custodito. Terminata la guerra, il popolo napoletano chiede però che il Tesoro venga riportato a Napoli. La cosa non è proprio una delle più semplici. Occorre un uomo valido. Chi più di Giuseppe Navarra, il “Re di Poggioreale”? Ma Navarra, seppur estremamente devoto al culto di San Gennaro, è un uomo di malaffare che ha fatto quattrini compiendo traffici illegali.
“E’ un deliquente – esordì secco Fornero – “è figlio di un piccolo merciaio del centro storico che, immediatamente dopo la guerra, corrompendo i pochi funzionari rimasti e gli stessi comandi delle forze alleate, ha ottenuto l’appalto per la demolizione degli edifici bombardati. In quei giorni sono passati illegalmente migliaia di dollari e valute di ogni tipo di cui lui disponeva in abbondanza grazie alla borsa nera che aveva avviato già in tempo di guerra come tanti altri come lui. Controlla una parte del traffico di sigarette di contrabbando e si serve dei ragazzini per spostare la merce. E’ al comando di un vero e proprio esercito addetto ai furti nei magazzini militari. Ha rapporti illeciti con un gran numero di commercianti ai quali vende sottobanco il ferro che scompare dopo le sue demolizioni, che quasi mai finisce nei depositi dove dovrebbe essere destinato”. Finito il rapporto, guardò Ascalesi negli occhi prima di dire “Se vuole, continuo”.
A fargli da scorta viene scelto un nobile vero, il principe Stefano Colonna di Paliano, vicepresidente della Deputazione, l’antica istituzione che dal 1527 garantisce il rispetto del contratto tra San Gennaro e il suo popolo. Il principe però non è proprio scattante. Ha 83 anni.
Il principe Stefano Colonna di Paliano aveva modi gentili ed educati e, dopo aver baciato con deferenza la mano al cardinale e fatto un lieve inchino agli altri due, si accomodò sulla poltrona libera di fronte al divano. Aveva la giacca sartoriale con la spalla arricciata alla napoletana, la piega del pantalone perfettamente stirata, la cravatta in tinta con l’abito, le scarpe inglesi ben lucidate, le mani attentamente curate con l’anello di famiglia intorno all’indice di quella sinistra. Minuto di fisico, il viso senza un’ombra di barba, i capelli tenuti in ordine da un velo di brillantima, gli occhi vivaci cerchiati da occhiali rotondi da miope, un piccolo sorriso di fiducia sulle labbra sottili e un leggero bastone con il pomo d’avorio. Aveva ottantrè anni.
Con un’auto che appartenne a Mussolini i due affrontano la mission ed il viaggio che si rivelerà molto più lungo e difficile del previsto. In un’Italia devastata dai bombardamenti, incontreranno una moltitudine di personaggi. Intanto a Napoli il ritardo del loro rientro alimenta un terribile sospetto. Navarra ha ucciso il Principe di Paliano e si è impossessato del Tesoro di San Gennaro.
Recensione
Quella raccontata da Pinto è la storia di un’improbabile amicizia. Tra i due protagonisti aleggia, almeno inizialmente, reciproca diffidenza. Da un lato Navarra pensa che il Principe di Paliano sia solo una zavorra, dall’altro il Principe trova difficile (se non impossibile) il colloquio con un uomo di così poca cultura. E’ proprio sulla differenza tra i due che si fonda la comicità del testo – e sara proprio la differenza tra i due che renderà possibile la missione per la quale sono stati assoldati.
Una coppia quella di Navarra e del Principe di Paliano che, a tratti, ricorda quella di Totò e Peppino, ma anche quella di Massimo Troisi e Roberto Benigni in Non ci resta che piangere.
Pinto riesce a dare spessore anche ai tanti personaggi che i due protagonisti incontreranno durante il loro viaggio: personaggi strambi, ma anche generosi e laboriosi, pronti a rimboccarsi le maniche e a ripartire nella speranza di un futuro migliore – e purtroppo anche personaggi di malaffare.
“Ci manda San Gennaro” , oltre ad essere un’esilarante commedia che ben si presta ad una trasposizione cinematografica, ha il pregio di far conoscere anche a chi non è napoletano dell’esistenza di un patto tuttora in vigore tra San Gennaro e il popolo napoletano.
Era il 13 Gennaio del 1527 quando il popolo napoletano sottoscrisse un vero e proprio contratto di amore e fedeltà verso San Gennaro. A Napoli, in quegli anni, si moriva di peste e il Vesuvio faceva tremare la terra ogni giorno. Così per salvare la città la soluzione più ovvia sembrò quella di andare dal notaio e mettere per iscritto le richieste dei napoletani. Un vero e proprio contratto a condizione reciproca: se San Gennaro avesse fermato tutte le sventure che si erano tragicamente abbattute sulla città, i napoletani avrebbero costruito una cappella in suo onore dove sarebbero state conservate le sue reliquie e dove sarebbe stato raccolto e custodito un grandissimo tesoro. San Gennaro non si fece pregare troppo. Tutte le sventure terminarono di colpo: la peste cessò, i terremoti pure.
Il legame tra il santo patrono della città di Napoli e il suo popolo è ancora oggi retto dalla Eccellentissima Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro, un ente laico nato proprio al momento della sottoscrizione del suddetto contratto.
La Reale Cappella del Tesoro di Dan Gennaro che fu fatta edificare su volontà dei napoletani, pur trovandosi all’interno del Duomo di Napoli, per effetto del contratto stipulato nel 1527, non appartiene alla curia arcivescovile, bensì al popolo. Gli ambienti adiacenti alla cappella ospitano il Museo del Tesoro di San Gennaro.
L’autore
Francesco Pinto è stato direttore di Rai 3. Sotto la sua direzione sono iniziati programmi come “Sfide”, “Blu notte”, “Novecento”, “La Squadra”, “Melevisione” e “Alle falde del Kilimangiaro”. Ha scritto e pubblicato numerosi saggi sulla storia della televisione e cinque romanzi: La strada dritta (2011), Il lancio perfetto (2014), I giorni dell’oro (2016), “L’uomo che salvò la bellezza” (2020) e “Ci manda San Gennaro” (2011).
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