Dell’amore e di altri demoni: dalla leggenda al romanzo


” Dell’amore e di altri demoni ” è un romanzo breve di Gabriel Garcia Marquez, pubblicato per la prima volta nel 1994. La storia si svolge in Colombia ai tempi dell’Inquisizione spagnola ed è ispirata a una vicenda realmente accaduta all’autore, che viene da lui esposta in prima persona nelle pagine di apertura del libro

Nel 1949 Marquez fu inviato a Cartagena de Indias per un servizio giornalistico nello storico convento di Santa Clara, da un secolo trasformato in ospedale. La struttura fatiscente doveva essere rimpiazzata da un albergo di lusso, e questo richiedeva di sgomberare al più presto le antiche cripte dai resti dei defunti lì conservati da tre generazioni. Una cripta in particolare colpisce l’attenzione dello scrittore; il suo interno rivela una splendida chioma color rame di oltre venti metri, e le piccole ossa appartenute probabilmente a una ragazzina. Subito a Marquez viene in mente un’antica leggenda raccontatagli da sua nonna su una nobile di dodici anni dai lunghissimi capelli rossi, morta di rabbia in seguito al morso di un cane e venerata per i suoi molti miracoli nei paesi dei Caraibi. Suggestionato dall’accaduto, Marquez scrive ” Dell’amore e di altri demoni , dando alla protagonista il nome di Sierva Maria de Todos los Angeles, la figlia indesiderata di un marchese e di una megera senza titoli aristocratici. L’indifferenza del padre e il disprezzo della madre rendono Maria timida e riservata, e la spingono a crescere allevata dalle schiave nere della casa, dalle quali apprende i dialetti, le usanze e i costumi della cultura africana yoruba. Alla vigilia del suo dodicesimo compleanno, la ragazza viene morsa da un cane infetto dalla rabbia e probabilmente contagiata. A causa della noncuranza dei genitori e delle scarse conoscenze del tempo nel campo della medicina, la giovane non viene ritenuta malata, bensì posseduta dal demonio. Il marchese, temendo di perdere la figlia, riscopre il suo amore paterno e cerca un espediente per salvarla. Rinchiusa in un convento di clausura per essere esorcizzata, Maria è costretta a subire i soprusi delle monache; unica ancora di salvezza è Cayetano Delaura, un giovane prete che nel tentativo di alleviare le sue sofferenze si innamora perdutamente di lei.

Lo stile di Marquez è inconfondibile. La realtà viene presentata in maniera diretta, nuda e cruda, e dalla prima riga travolge il lettore come un fiume in piena. Non c’è alcuna volontà dell’autore di indorare la pillola, anzi taluni dettagli macabri portati all’eccesso, fanno risultare il racconto a tratti paradossale, quasi come a voler richiamare di tanto in tanto il suo incipit leggendario. Per questo la narrazione, che procede velocemente, interrotta a tratti solo da ampie descrizioni dei personaggi, sembra essere costantemente avvolta da un pesante alone; densa come il miele di cui è ghiotta la madre di Maria, come lo strato di polvere nella stanza della marchesa, come la chioma rossa della ragazza, come l’afa tipica del clima sud americano; densa dell’alternarsi continuo di sensazioni forti e sentimenti contrapposti. La rabbia non è da intendersi come malattia, ma una condizione tipica di tutti i personaggi. Rabbioso è il marchese per la sua impotenza dinanzi la terribile sorte toccata alla figlia, lo è sua moglie, disamorata e calcolatrice, ossessionata dai piaceri carnali e portata alla rovina da un giovane schiavo nero di cui è invaghita. Rabbioso è Cayetano, che inutilmente cerca di reprimere l’attrazione e l’amore verso Maria, in quanto da prete non gli è concesso conoscere alcuna donna. Anche le monache, frustrate per la propria condizione e spaventate dall’idea del demonio, sfogano il proprio malessere sulla protagonista. Maria non è posseduta e probabilmente neanche affetta dal virus; ella è vittima innocente di ignoranza e superstizione, nonché testimonianza vivente che spesso l’uomo è l’unico responsabile dei propri mali. Gli “altri demoni” non sono altro che gli uomini stessi sopraffatti dai propri sentimenti negativi. La ragazza inizialmente appare come un fantoccio vuoto, priva di sentimenti, sia positivi che negativi. Alla fine l’amore e la passione scuotono lei e Cayetano dal torpore di una realtà fatte di odio e paura, dando al lettore la speranza di una lieta conclusione. Eppure il tentativo dei due innamorati di riprendere in mano le redini della propria vita non basta. La protagonista muore tra atroci agonie senza conoscere la sorte toccata all’amante, punito e allontanato.

Lei gli domandò in quei giorni, se era vero, come dicevano le canzoni che l’amore può tutto. – È vero – le rispose lui– ma farai bene a non crederci.

La narrazione sembra interrompersi bruscamente, come se Marquez volutamente avesse deciso di lasciare al singolo lettore il continuo di quel racconto che duecento anni più tardi lo avrebbe portato a scoprire la tomba della protagonista.

Nella foto principale “Gabriel Garcia Marquez, 2009” di Festival Internacional de Cine en GuadalajaraGala_Ianugural 022. Con licenza CC BY 2.0 tramite Wikimedia Commons.

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