“Se piove, rimandiamo. La mia vita” di Nicola Pietrangeli – Recensione

“Se piove, rimandiamo. La mia vita”, pubblicato dalla casa editrice Sperling & Kupfer, è disponibile nelle librerie e negli store digitali dal 5 settembre 2023. L’autobiografia che Nicola Pietrangeli ha scritto in collaborazione con Paolo Rossi racconta, attraverso una serie di divertenti e inediti aneddoti, la vita privata e sportiva di quello che viene riconosciuto da molti appassionati di tennis come il miglior giocatore italiano della storia.

Numero tre del mondo prima del 1973, l’anno in cui è stato introdotto ufficialmente il ranking ATP, Pietrangeli ha conquistato due tornei del Grande Slam in singolare trionfando nel 1959 e nel 1960 al Roland Garros, e due rispettivamente in doppio con Orlando Sirola e in doppio misto con Shirley Bloomer. Medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Città del Messico 1968 – per il tennis si parlava ancora di “torneo dimostrativo” – l’ex giocatore azzurro ha vinto in due occasioni gli Internazionali d’Italia, si è spinto fino alle semifinali a Wimbledon e ha guidato da capitano l’Italia all’unico successo ottenuto in Coppa Davis nel 1976.

Pietrangeli ha deciso di raccontarsi con il suo indistinguibile stile a pochi giorni dal suo 90esimo compleanno, che potrà celebrare il prossimo 11 settembre. Paolo Rossi è sempre stato un grande appassionato di tennis e lavora come giornalista per il quotidiano La Repubblica dal 1990. Ha seguito quattro Olimpiadi( 2004-2010) e oltre 100 gran premi di Formula 1.

“Se piove, rimandiamo. La mia vita”, trama e curiosità

“Diario di un viaggio al contrario” . Si potrebbe riassumere con questa semplice ma intricata frase il tragitto che ha caratterizzato la vita di Nicola Pietrangeli. Il suo cammino non ha seguito le naturali logiche di un fenomeno ordinario ed è sfuggito a ogni tipo di calcolo basato su un modello progressivo e continuo. La storia di Pietrangeli è quasi unica nel suo genere, perché vive capovolgimenti di fronte ripetuti e non lascia spazio ad alcuna interpretazione lineare.

Pietrangeli è nato a Tunisi l’11 settembre 1933 e ha provato sulla propria pelle quel carattere intrinseco della guerra: capace di distruggere il passato e configurare gli scenari di un futuro indefinito. Da primogenito di una famiglia agiata a fuggitivo, il passo è breve. Figlio di padre italo-tunisino e madre russa, il piccolo Nicola ha vissuto in un clima abbiente e benestante fino ai tredici anni. Era conosciuto come il figlio del “ricco” di Tunisi. Giulio, il suo intraprendente papà, possedeva l’unica macchina americana – una Packard nera – del Paese.

Nonno Michele, soprannominato “Il Capoccione”, ha lasciato l’Italia in cerca di un avvenire migliore dopo il servizio militare. Diede una svolta alla sua vita aprendo un business nelle costruzioni e realizzò la prima linea ferroviaria a Tunisi. Giulio conosce Anna, madre di Nicola, per puro caso mentre lei lavorava in un noto cinema. Anna aveva infatti raggiunto la città dell’Africa settentrionale perché il padre, il colonnello Alexis von Yourgens, decise di abbandonare la Russia durante la fase più calda della Rivoluzione con l’intera famiglia. Al termine di una corte spietata e interminabile, i due iniziarono a frequentarsi e si innamorarono l’uno dell’altra.

È in questo contesto che Pietrangeli coltiva una pura passione per il tennis, anche grazie all’esempio del padre (numero due della Tunisia), trascorrendo le giornate a tirare la pallina con la racchetta contro il muro. Nel 1940 la cosiddetta “campagna di Tunisia”, che si combatté tra le forze alleate anglo-americane e quelle italo-tedesche, stravolse ogni progetto. Nei tre anni successivi si intensificarono le manovre di bombardamento americane a Biserta: una di queste interessò il giardino di casa Pietrangeli.

La vittoria degli alleati diede il via a una politica repressiva nei confronti della comunità italiana e il padre di Nicola venne rinchiuso in un campo di concentramento al Mareth: non una vera e proprio prigione ma un confino in caserma. Il piccolo Pietrangeli giocò proprio lì la sua prima partita in un campo fatto costruire all’interno dell’edificio. I francesi optarono per l’espulsione del padre e la famiglia si divise per la prima volta.

Il viaggio della speranza nasce dalla voglia di ricongiungersi con il padre, ritornato in Italia. Nicola e sua madre Anna, nel Natale del 1946, si imbarcarono in una nave merci passando giorni in una stiva. Arrivarono a Ventimiglia accolti da uno stremato ed emozionato Giulio. La sua vita cambiò completamente, perché la sua famiglia perse tutto.

La nuova svolta si manifestò in seguito all’incontro con René Lacoste, perché papà Giulio diventò il referente italiano della famosa casa d’abbigliamento. Tra un colpo con la racchetta – tirato rigorosamente presso il Circolo Tennis Parioli – e il calcio a un pallone – entrò nelle giovanili della Lazio – Pietrangeli scelse definitivamente il tennis nel 1951 vincendo il titolo nazionale juniores. Diviene prima categoria affermandosi in Italia in seguito al titolo conquistato in doppio con Antonio Maggi.

L’esordio nella sua amata Coppa Davis, detiene il record di presenze con gli azzurri toccando quota 164, avviene nel 1954 contro la Spagna, quando batte Carlos Ferrer a risultato acquisito. “Lo confesso: per me l’appuntamento in Coppa Davis è sempre stato più importante dei quattro Grande Slam, che sono sì tornei straordinari, ma destinati al singolo atleta” .

Quello spirito nazionale che lo spinse a fare retromarcia a pochi giorni dall’annuncio del passaggio al professionismo. All’epoca, Jack Kramer inventò un circuito che offriva ricchi compensi agli atleti. Oltre alla più importante manifestazione a squadre, Pietrangeli porta nel cuore gli Internazionali d’Italia – vinti nel 1957 superando Beppe Merlo e nel 1961 liquidando in finale la leggenda Rod Laver – il Roland Garros, che gli permette tutt’oggi di essere l’unico italiano in grado di sollevare al cielo due Major in singolare nel biennio 1959-1960; e il torneo di Montecarlo. “Bienvenu, monsieur Pietrangeli. Il torneo adesso può cominciare” . Una testimonianza emblematica dell’impronta impressa nel tennis: è così che viene infatti accolto nel Principato Pietrangeli.

Recensione

“Se piove, rimandiamo. La mia vita” ha il grande merito di raccontare la vita di Nicola Pietrangeli senza snaturare la stravagante personalità di un personaggio che ha saputo ritagliarsi il suo posto nel mondo restando sempre fedele al connubio divertimento e impegno sportivo. Pietrangeli analizza le tappe fondamentali del suo percorso individuale utilizzando un linguaggio semplice e al tempo stesso coinvolgente.

Il libro permette ai lettori di conoscere, seguendo una nuova e interessante prospettiva, i dettagli di racconti di vita vissuta entrati già a far parte dell’immaginario collettivo degli appassionati di tennis. Il complicato rapporto con il suo eterno “rivale” Adriano Panatta; la sua esperienza nel mondo del cinema, dove ha avuto la possibilità di condividere indimenticabili momenti con Marcello Mastroianni, Sean Connery, Omar Sharif e Charlton Heston ; la sua amicizia speciale con il principe di Monaco Ranieri e il figlio Alberto; e quelli che definisce nel testo come “gli amori della sua vita” .

Molto interessante il punto di vista espresso sull’ ammutinamento preparato dall’allora presidente della FIT Paolo Galgani, Mario Belardinelli, Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli. Dopo aver aiutato i suoi ragazzi a conquistare la Coppa Davis, le cose si complicarono fino ad arrivare al 1978. Venne convocato a Firenze, Hotel Jolly, per una riunione straordinaria. Riunione in cui il team gli comunicò la volontà di voltare pagina.

Una ferita ancora aperta che Pietrangeli narra con estrema sincerità e con il rammarico di chi si è sentito tradito in un particolare momento della sua vita. Parole che arricchiscono di un nuovo capitolo il magnifico documentario targato Sky Original “Una squadra” .

Pietrangeli ha deciso di inserire all’interno del suo libro alcuni trafiletti rari, scritti dal grandissimo Gianni Clerici. Articoli di giornale che rendono straordinaria l’esposizione. Risulta fondamentale sottolineare, in particolare, la missione portata a termine da Pietrangeli dalla prima all’ultima pagina. L’ex campiona italiano non ha mai avvertito la necessità di ricorrere a metafore e iperboli per porre l’accento su determinati episodi chiave.

Risulta particolarmente sincera e autentica la descrizione delle emozioni provate ogni qualvolta ha indossato la maglia azzurra per rappresentare l’Italia in Coppa Davis. Il libro è assolutamente consigliato non solo ai fan del tennis, ma a tutti coloro che cercano con passione di scovare la storia nella storia di ogni illustre personaggio sportivo.

Leggi anche la recensione di “Niente è impossibile. Berrettini e Sinner: la nuova Età dell’Oro del tennis italiano” di Adriano Panatta

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