La narrazione familiare tra crisi e opportunità

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Le difficoltà e le crisi della famiglia hanno origini complesse e multiformi. Nonostante ogni approccio possa fornire punti di vista differenti ed alcuni strumenti di intervento, ciò che assume un’importanza fondamentale è la capacità di “allargare lo sguardo”

Uno degli strumenti fondati in primo luogo sulla quotidianità delle relazioni e che riveste un ruolo importante per la qualità della vita delle persone, delle famiglie, dei gruppi è “la narrazione”. Essa ha una duplice valenza: più personale in termini di consapevolezza del proprio percorso di vita; e plurale, come capacità di condividere la propria storia con gli altri.

Uno dei nodi cruciali della crisi della famiglia è proprio la comunicazione, declinata in quel particolare aspetto che possiamo chiamare narrazione. La narrazione, vale a dire la capacità di confezionare una storia, di raccontarla bene e di trovare un pubblico disposto ad ascoltarla è fondamentale per la creazione di senso, per l’attribuzione di significato.

H. Gardner descrive il leader come uno che racconta una buona storia e che trova un pubblico disposto a dargli credito, come nell’ambito sociale e politico. Un altro campo importante in cui la narrazione è fondamentale è l’ambito economico, ad esempio quello produttivo e pubblicitario. In questi contesti, “raccontare” bene un prodotto o un servizio è a volte la condizione fondamentale per la sua buona riuscita.

Da un punto di vista psicologico, gli aspetti della narrazione sono in grado di costruire modi sani di vivere insieme; la capacità di raccontarsi e di raccontare ha, nel bene e nel male, ricadute educative sulle persone, sui gruppi, sulle famiglie.

Ci sono purtroppo condizioni in cui la narrazione può essere causa di grande sofferenza. Le crisi di coppia e della genitorialità possono nascere appunto da uno scontro di narrazioni. Non solo l’altro (partner, figlio) è diverso da come lo immaginavo, ma posso arrivare a sentirlo come un attore che vive in un “film” differente dal mio. L’altro, con i suoi desideri e le sue aspirazioni, può essere ignorato, banalizzato, forzato e trattato con scarsa considerazione. In altre situazioni accade che la scoperta, a volte un po’ ingenua, della profonda alterità dei propri familiari, porti a fughe, ancora una volta individuali. Ci si butta a capofitto nel lavoro, si coltivano hobbies maniacali, si cade nelle ludopatie, si intrecciano nuove relazioni affettive, fino a giungere all’abbandono della casa comune.

 

La narrazione, dunque può avere aspetti disgreganti sulla persona e sulla famiglia, quando è centrata sull’ego e la sua riuscita individuale. Ma la narrazione può essere anche qualcosa di molto buono che connette e tiene insieme.

Una narrazione buona parte dalla custodia di alcune attenzioni semplici e da praticare con costanza. La parola gentile è per esempio un formidabile facilitatore della buona comunicazione. La rinuncia al giudizio (che spesso è pregiudizio) è uno straordinario costruttore di pace. Fare il bene senza sentirsi bravi costruisce legami sani, specialmente fra genitori e figli (non c’è niente di peggio che avere dei genitori “onnipotenti”!).

Su queste pratiche di base, gli esseri umani hanno un patrimonio di competenze che aspettano solo di essere coltivate. In particolare: saper ascoltare senza interrompere, guardare senza giudicare, saper custodire un equilibrio tra il vicino (che vuol dire: mi interessi) e il lontano (che significa: ti lascio libero, anche di sbagliare).

Una narrazione buona si costruisce anche spegnendo la televisione e i cellulari, creando così spazi e tempi adatti, in cui riuscire ad ascoltarsi. Il “luogo” della comunicazione, così come si fa per gli spazi fisici, deve essere spazioso, ricco di libertà. Comunicare deve essere piacevole. Questo può accadere se nella famiglia si coltiva la freschezza, la stabilità, l’attenzione. Raccontare e raccontarsi diventa davvero un prendersi cura, di sé, degli altri, del mondo. In questa azione, si riesce a donare ai propri cari, alcuni aspetti che in quel momento stanno particolarmente a cuore, della propria vicenda umana, familiare, politica, sociale, spirituale. È una narrazione che non si aspetta applausi e che non chiede nulla in cambio. Un racconto puro che contempla e accoglie anche i silenzi e le oscurità del racconto che l’altro fa di sé. Ogni momento della vita comune, anche apparentemente insignificante, se accostato con rispetto e attenzione, può diventare un luogo di comunicazione bella tra le persone.

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