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Home Viaggi

Il Castello di Donnafugata, dal Gattopardo al commissario Montalbano

di Fabio Giudice
23 Novembre 2017
in Viaggi, Cinema, Libri
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Immerso in una zona in cui la campagna siciliana appare quasi incontaminata si erge, a circa venti chilometri da Ragusa, il Castello di Donnafugata.

“Il Gattopardo”

La sua notorietà deriva dal celebre film di Luchino Visconti “Il Gattopardo”, del 1963, con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ambientato nella Sicilia del 1860 durante la spedizione dei Mille.

In realtà, il legame tra questi capolavori, letterario e cinematografico, e l’antico maniero è frutto di un equivoco, nato probabilmente dal fatto che Tomasi di Lampedusa chiama “Donnafugata” la residenza estiva della famiglia Salina.

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Donnafugata interni
Il Gattopardo

Palazzo Gangi

Egli, in realtà si riferisce ad un’altra zona della Sicilia. Inoltre, a differenza di quanto comunemente si crede, nessuna scena del film è mai stata girata qui, tantomeno la più famosa, quella del ballo, ambientata invece a Palazzo Gangi, splendido edificio settecentesco di Palermo; in realtà il castello all’epoca delle riprese era in completo stato di abbandono, tanto è vero che pare sia stato visitato e scartato dallo stesso Visconti.

Le caratteristiche del Castello di Donnafugata

Fatte queste dovute precisazioni, va detto però che il castello di Donnafugata, lo “status” della famiglia che ci viveva e l’ambientazione sono identici al mondo descritto da Tomasi di Lampedusa: si tratta, infatti, della residenza estiva di una nobile famiglia ottocentesca ragusana, gli Arezzo, probabilmente la più potente dell’epoca, capace addirittura di ottenere una deviazione della linea ferroviaria, in modo da poter avere la fermata del treno sotto casa (la stazione è tuttora funzionante).

Peraltro, se il castello assume il suo aspetto definitivo solo nel XIX secolo, la storia del sito è plurisecolare.

Le origini del sito

Le sue origini risalgono infatti all’anno Mille, ossia al tempo dei Saraceni che, completata la conquista della Sicilia, la munirono di torri e fortezze, specie nei punti ritenuti strategicamente più importanti. Fra questi vi era anche il sito in cui oggi sorge il castello ed in esso fu quindi eretta una torre.

Castello di donnafugata

La conquista dei Normanni

Successivamente, con la conquista dei Normanni, la zona fu elevata a contea e suddivisa in feudi; solo dopo alcuni secoli, intorno all’anno 1300, fu costruito un castello, per volontà del conte di Ragusa Manfredi Chiaramonte.

Nel 1648 il feudo Donnafugata passò alla famiglia Arezzo ed il modesto castello trecentesco subì una prima trasformazione in villa di campagna.

Il barone Corrado Arezzo De Spuches

Ma l’intervento più importante, e definitivo, come accennato, si ebbe solo grazie al barone Corrado Arezzo De Spuches: ricco, patriota, intellettuale, poeta, buon pittore, deputato al Parlamento siciliano del 1848 e poi a quello del Regno d’Italia nel 1861 e nel 1865, più volte sindaco di Ragusa.

La sistemazione definitiva del Castello di Donnafugata

Egli volle una dimora imponente,122 stanze, anche se ne sono visitabili solo 22, peraltro arredate con i mobili originali.

Il castello esternamente è un miscuglio di stili, con torri, archi a sesto acuto e merlature, il che può far pensare, erroneamente, di trovarsi di fronte ad una struttura difensiva.

donnafugata scalone

Lo scalone monumentale e il primo piano

Uno scalone monumentale conduce al primo piano dove ci si immerge in pieno “Gattopardo”, grazie agli arredi originali, allo sfarzo ed al lusso che si notano ovunque: dalla “Sala della musica”, alla “Pinacoteca”, alla “Sala degli specchi”, a quelle “del biliardo”, “delle donne”, “per i fumatori”, al “Salone degli Stemmi” (che contiene 734 disegni di stemmi nobiliari delle famiglie del Regno delle Due Sicilie), tutto parla di un’epoca, della Sicilia dei baroni.

La parte più antica del castello è costituita dalle “stanze di Bianca di Navarra”, la leggenda del cui rapimento, secondo un’errata credenza popolare, gli avrebbe dato il nome.

Il parco

Dopo aver visitato l’ampia terrazza esterna dell’edificio ci si sposta nell’esteso parco, che permette di godere di una splendida passeggiata tra alberi secolari e le più svariate specie vegetali, molte delle quali fatte appositamente importare dal barone De Spuches (anche se alcune sono andate perdute a causa del periodo di abbandono ed incuria in cui il luogo per parecchio tempo è rimasto).

Immerso in una zona in cui la campagna siciliana appare quasi incontaminata si erge il Castello di Donnafugata.

Il giardino

Il giardino si divide in tre parti: inglese, francese e mediterranea. Lungo il cammino si incontrano poi alcune costruzioni bizzarre e scherzose volute dal proprietario per allietare il soggiorno dei propri ospiti: una Coffee house dalla forma di tempietto greco, una grotta artificiale, una volta ricoperta di false stalattiti, ed una cappella da cui usciva fuori, con un meccanismo automatico, un monaco meccanico.

Il labirinto

Ma il pezzo forte è costituito sicuramente dal labirinto, in dialetto “u pirdituri”, formato dall’intreccio di muretti alti circa due metri, dal quale si riesce ad uscire, esperienza personale, non senza difficoltà; in proposito si racconta che le ospiti del barone usassero come filo di Arianna dei fiori che lasciavano cadere lungo il loro cammino.

Donnafugata il labirinto

Donnafugata: l’etimologia

Occorre a questo punto sfatare la leggenda legata al nome del castello: Donnafugata, ossia “fuggita” in siciliano, non si riferisce ad alcuna fuga dal castello (che pure vi fu, come vedremo) ma ha un’etimologia più complessa: secondo l’opinione prevalente tra gli storici, all’epoca della fortificazione eretta dai Saraceni il luogo era da loro chiamato “Aian as iafaiat” ossia “Fonte della salute”, poiché nella zona c’era, e c’è ancora, una sorgente d’acqua; sta di fatto che col passare del tempo da Aian si passò a Ronna (donna, in siciliano) e da “as iafaiat” a “fuat” o “fuata”.

Le fughe dal Castello di Donnafugata

Riguardo alle donne fuggite dal castello di Donnafugata si narrano due storie, una più antica e ammantata di leggenda, l’altra veritiera, anche perché più recente e quindi più facilmente riscontrabile.

Bianca di Navarra

La prima è quella di Bianca di Navarra, cui si è già accennato, la quale, alla morte del marito, re Martino I, è nominata reggente e regina di Sicilia. Siamo nel 1410.

Il conte di Ragusa Bernardo Cabrera, sebbene anziano, chiede in moglie la giovane sovrana in modo da poter diventare re di Sicilia. Ottenuto un rifiuto egli comincia a perseguitarla, la cattura e la fa rinchiudere nel castello di Donnafugata, ma la donna riesce a scappare per rifugiarsi dapprima nel castello Maniace di Siracusa, poi a Catania ed infine a Palermo da dove ordina l’arresto di Cabrera; il vecchio conte viene giudicato dal re di Spagna il quale però lo grazia, per solidarietà secondo le malelingue, poiché vecchio e donnaiolo anch’egli.

Clementina Paternò Arezzo, la nipote del barone

La storia recente riguarda il nobile francese Gaetano Combes, visconte di Lestrade, che, ospite del barone De Spuches, conosce una sua nipote, Clementina Paternò Arezzo, e se ne innamora, corrisposto.

I due amanti, in un bel giorno di primavera, decidono di compiere la classica fuitina per cui si recano presso la vicina Punta Secca (scenario oggi, nella fiction, delle avventure poliziesco-sentimentali di un noto commissario…) e si imbarcano su un battello.

Le nozze riparatrici

Ma il barone, venuto a sapere della fuga, invia un proprio uomo di fiducia per costringere i due a tornare indietro; ciò avviene e si giunge quindi alle inevitabili nozze riparatrici. Gli sposi si trasferiscono a Parigi per poi tornare a Donnafugata per trascorrervi le ferie estive. Un loro nipote diventerà proprietario del castello e sarà lui a venderlo, nel 1982, al Comune di Ragusa.

“I Vicerè”

Deve aggiungersi che nel castello sono state girate anche alcune scene del film “I Vicerè”, di Roberto Faenza (nel 2007), tratto dall’omonimo romanzo di Federico De Roberto.

Montalbano sono!

Ma esso è un luogo sicuramente da molti di recente già “visitato” senza saperlo: non tutti, infatti, sanno che si tratta di una delle più utilizzate location della fortunata serie televisiva “Il commissario Montalbano”, tratta dagli altrettanto fortunati romanzi dello scrittore Andrea Camilleri.

Molte scene sono state girate qui, ad esempio nella “Sala del biliardo”, nell’ampia terrazza esterna e nel labirinto del parco. E il commissario abita qui vicino, a Punta Secca, luogo di fuitine, dove può godere della sua romantica terrazza sul mare e dedicarsi alle sue abituali e tonificanti nuotate mattutine….

Fonte immagini: Pinterest

Tags: sicilia
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Fabio Giudice

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