PARTENOPE RIPOSA QUI

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 Un viaggio che stavolta ci porterà lontano nel tempo, tra miti e storia.

Essere turisti nella propria città non è solo un invito, neppure uno slogan; dovrebbe piuttosto diventare un diktat per tutti quelli che hanno la ventura di nascere e vivere nella città di Partenope. La leggenda vuole che la sirena Partenope,  a cui il mito antico attribuisce la fondazione della città di Napoli, sia stata seppellita nella Basilica di San Giovanni Maggiore a Napoli, un complesso monumentale sito nel cuore del centro storico, la cui vita è stata lunga e travagliata. La concessione al culto all’aperto di questa chiesa nasce con l’Editto del 313 che ispirò numerose leggende, tra cui quella che Costantino nel IV secolo d.C., la fece costruire quale ringraziamento per lo scampato naufragio della figlia Costanza, dedicandola a San Giovanni Battista e a Santa Lucia.

Pertanto l’epoca di costruzione della Basilica risale intorno all’anno 324, su un preesistente tempio pagano (dedicato forse  ad Ercole o Antinoo ) come testimonia un iscrizione di epoca greca rinvenuta su un architrave. Tuttavia,  una costruzione più ampia avvenne due secoli più tardi grazie a  Vincenzo, vescovo di Napoli nell’anno 554 d.C., che la inserì fra le quattro chiese “cardinali” ossia maggiori della città insieme a “San Giorgio Maggiore” ,”I Santissimi Apostoli”, e “Santa Maria Maggiore” detta della “Pietrasanta”. La basilica costruita in epoca bizantina all’epoca della denominazione di Bellisario era ricca di mosaici e cupole,poi verrà rimaneggiata in epoca normanna e angioina.

Durante quest’ultima fu allargata delle navate laterali .Trasformazioni significative avvennero poi ad opera di Dionisio Lazzari che venne convocato alla ristrutturazione della chiesa nel 1656 , in seguito ad un terremoto avvenuto nel 1635. A lui si deve la progettazione della “mezza cupola “ posta tra la navata centrale ed il transetto che fu completata nel 1685. Le varie trasformazioni successive, quali quelle settecentesche, portarono quasi a far scomparire il suo aspetto originario. Durante i lavori furono rinvenute due tavole dell’antico calendario della chiesa napoletana incise nel 887 e conservate nell’Arcidiocesi di Napoli. Altri terremoti ( 1732 e 1805) portarono ad ulteriori restauri, ma dopo quello  del 1870, crollò quasi interamente la navata di destra e  crollò la volta.

Il destino di questo patrimonio storico religioso sembrava ormai essere segnato da un imminente abbattimento come aveva deciso alla fine dell’800 il Municipio. L’intento era quello di demolirla per costruirvi una ampia piazza per abbellire il rione. Solo grazie al canonico Giuseppe Perrella fu possibile salvarla, poiché raccolse le offerte dei fedeli, prelati e le nobili famiglie, e si riuscì a tutelarne l’integrità, concretizzandone con le laute offerte la ricostruzione. L’opera di riedificazione fu affidata all’ingegnere Giorgio Tomlison che la ricostruì in base alle correzioni apportate dagli architetti Enrico Alvino e Federico Travaglini. L’opera iniziò nel 1882 e venne completata nel 1887.

Quasi 100 anni dopo un ulteriore cedimento della volta fece si che rimanesse chiusa per ben 42 anni ,fino al 2012. Nel frattempo una serie di restauri  portarono alla luce l’abside paleocristiana al di sotto del coro ligneo risalente al XVII secolo. Con questa chiusura l’importanza di questa chiesa e la sua presenza erano cadute nell’oblio. Più avanti, grazie al Giubileo per la Città di Napoli, indetto dal Cardinale Sepe ed all’ affidamento alla Fondazione Ordine Ingegneri di Napoli, essa ritorna a vivere come  monumento ricco di arte, storia e sacralità, divenendo parte importante dei percorsi d’arte della città.

La basilica resta aperta giovedi e venerdi dalle 10 alle 17 al pubblico. Apre inoltre per incontri culturali; segnaliamo  in questo periodo la Mostra permanente dedicata ad Eduardo de Filippo, nel trentennale della sua morte.

 partenope2

ph.Angela Garofalo

 

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