La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, ha annunciato nella giornata di venerdì scorso il rinvio delle elezioni politiche (previste inizialmente per il prossimo 6 settembre) di almeno un anno, adducendo come motivazione principale il netto peggioramento della pandemia di Coronavirus nell’isola. Per far ciò si avvarrà della legge di emergenza dell’era coloniale che le conferisce il potere di posticipare il voto. Durante la conferenza stampa, ha ribadito che si è trattato della “decisione più difficile degli ultimi 7 mesi” e ha aggiunto di avere tutto il sostegno dell’autorità centrale di Pechino. Le elezioni, avrebbero dovuto rinnovare il Consiglio legislativo composto da settanta seggi. Trentacinque di essi avrebbero dovuto essere ripartiti in base all’esito del voto popolare, trenta in base al voto di piccoli gruppi di interesse e cinque assegnati ai consigli distrettuali.
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La legge sulla sicurezza nazionale
Il rinvio delle elezioni costituisce un altro colpo durissimo per gli attivisti pro-democrazia che speravano di aumentare sensibilmente il loro peso nel Consiglio legislativo, dove attualmente siedono 14 loro rappresentanti. Lo scorso anno, alle elezioni dei consigli dei vari distretti cittadini, l’opposizione aveva conseguito un risultato strepitoso e puntava a replicarlo alle elezioni del 6 settembre.
Il primo colpo era arrivato lo scorso 30 giugno, dopo l’approvazione della controversa legge sulla sicurezza nazionale (ratificata senza alcuna discussione pubblica) con la quale il Governo di Pechino ha cominciato sistematicamente a fare quello che in molti temevano: soffocare l’ultimo barlume di democrazia nell’ex colonia britannica.
La legge, infatti, ha approvato l’istituzione di una commissione deputata alla gestione della sicurezza nazionale sotto il diretto controllo di Pechino (l’Ufficio per la sicurezza della salvaguardia nazionale), un inasprimento delle pene per tutte le attività considerate terroristiche, nonché il divieto di atti di sedizione, sovversione, secessione e qualunque tipo di interferenze straniere negli affari locali. Avvalendosi della legge Pechino è potenzialmente autorizzata a intervenire in qualunque momento a difesa dell’integrità e dell’ordine pubblico dell’Isola di fatto aumentando esponenzialmente il controllo sull’ex colonia britannica.
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Gli interventi sull’Isola, l’arresto dei dissidenti e le esclusioni dalle elezioni
A seguito dell’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale, durante tutto il mese di luglio sull’Isola si sono susseguiti atti di intimidazione e repressione delle opposizioni democratiche. Il 10 luglio le forze di polizia hanno fatto irruzione all’interno di un istituto indipendente che si occupa di sondaggi requisendo dati e studi. Nelle ultime due settimane moltissimi sono stati poi gli arresti, soprattutto di ex attivisti dell’associazione Studentlocalism, raggruppante gli studenti medi a favore della democrazia e disciolta poco prima dell’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale. Inoltre alcuni professori vicini alle posizioni degli attivisti pro-democrazia sono stati allontanati dall’università ed è stato approvato il divieto per alcuni candidati di presentarsi alle prossime elezioni. Tra questi anche l’attivista ed ex segretario del partito pro-democrazia Demosisto Joshua Wong, leader della Rivoluzione degli ombrelli del 2014.
Nella giornata del 30 luglio Pechino ha inoltre spiccato alcuni mandati d’arresto internazionale nei confronti di attivisti accusati di aver violato la nuova legge sulla sicurezza nazionale con atti di secessione e collusione con le forze straniere. Tra i destinatari della misura figurano Nathan Law, cofondatore con Joshua Wong, dell’organizzazione pro-democrazia Demosisto, Wayne Chan, leader del movimento Hong Kong Independence Union a favore dell’indipendenza dell’isola, Simon Cheng, ex lavoratore del consolato britannico e il cittadino americano Samuel Chu.
Nonostante alcuni paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Germania abbiano sospeso gli accordi di estradizione con Hong Kong, il timore delle opposizioni è ora quello che la situazione possa peggiorare ulteriormente portando Pechino ad estromettere anche altri candidati a favore della democrazia imponendo una stretta che si mostrerà esiziale per la democrazia di Hong Kong.