La signora dello Zoo di Varsavia
Nel 1939 Antonina Żabiński e suo marito Jan Żabiński, direttore dello zoo di Varsavia, cercano di difendere gli animali dello zoo dall’abbattimento. I nazisti vogliono recuperare carne da macello per sostenere le truppe durante l’invasione della Polonia. Un ufficiale tedesco, Lutz Heck, nominato da Hitler supervisore dello zoo, promette ad Antonina che si impegnerà a salvare alcuni animali dall’abbattimento, con lo scopo di avvicinarsi alla donna e sedurla. Ma i due coniugi, dopo essersi ingraziati diversi ufficiali delle SS, nascondono diverse centinaia di profughi ebrei, facendoli passare per dipendenti dello Zoo.
Il film La signora dello Zoo di Varsavia è tratto dal romanzo “Gli ebrei dello Zoo di Varsavia” di Diane Ackerman, a sua volta ispirato dagli stessi diari scritti da Antonina. Il film pecca un po’ troppo di retorica ma, a parte questo, rimane comunque un ottimo affresco. Perché nella pellicola di Niki Caro (già regista del sottovalutato “La ragazza delle balene”) non mette in scena nessuna immagine veramente d’impatto. Niente pile di corpi nascosti nella nebbia, niente campi di sterminio, solo (si fa per dire), la storia dello Zoo.
Se da un lato abbiamo Heck, impegnato a ridare vita ad una specie bovina estinta, l’Uro (antenato del toro), che usa lo Zoo solo per i suoi scopi, cioè sedurre Antonina e mettersi in mostra davanti al Fuhrer, dall’altra abbiamo i coniugi Zabinski che, sotto il suo naso, mettono in salvo centinaia di persone.
Va anche detto che non c’è nessuna ispirazione religiosa, nessuna conversione alla Schindler’s List. Jan, ateo convinto, è disposto a tutto per salvare gli ebrei “solo” per carità umana. E Antonina sosterrà il marito in tutto e per tutto. E qui sta la debolezza del film. I personaggi sono tutti tagliati con l’accetta, senza sfaccettature. Niente grigi, o bianchi o neri.
No che sia un male. Anzi, in alcuni momenti, è anche un pregio. In questo modo, forse, la regista dà modo allo spettatore di concentrarsi solo sulla vicenda che sui personaggi.
Curiosità: la tecnica della l revivalismo, usata da Heck per riportare in vita l’Uro, non è più considerata follia. Usare animali simili geneticamente all’animale estinto, dovrebbe assicurare la nascita di un esemplare “estinto”
P.S. avendo saltato ieri, a breve pubblicherò un altro articolo con un altro film.
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