Martelli scende in campo per la Grande Riforma

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Il taglio dei parlamentari deliberato con revisione costituzionale da tutte le forze politiche presenti in questo parlamento, tranne Più Europa e PSi, e confermato dal referendum popolare del 20 e 21 settembre 2020 ha generato conseguenze in contrasto con alcune previsioni della Costituzione.

Martelli scende in campo per la Grande Riforma

Secondo l’ex Guardasigilli socialista Claudio Martelli, da decenni fuori dall’agone politico e attualmente direttore dell’Avanti, questo taglio dei seggi della Camera e del Senato potrebbe essere un’opportunità per attuare la Grande Riforma costituzionale attesa addirittura dagli anni settanta.

Tutti i costituzionalisti concordano sulla necessità di una revisione del collegio di parlamentari e di delegati regionali, che elegge ogni sette anni il Presidente della Repubblica. Infatti, a causa del taglio della rappresentanza parlamentare, il collegio risulta alterato nella sua composizione, rispetto a quanto prevede la nostra Costituzione. Il problema non si pone per la prossima, ormai imminente, elezione affidata ancora all’attuale Parlamento, ma l’obbligo di intervenire sussiste perché la Costituzione prevede una proporzione tra parlamentari e delegati regionali.

Inoltre si deve intervenire assolutamente prima delle prossime elezioni politiche per evitare che il Senato “tagliato” non garantisca la rappresentanza in Parlamento di alcune provincie autonome e di alcune regioni e, indipendentemente dalla legge elettorale che attualmente risulta essere ancora il Rosatellum bis, causi l’eliminazione delle forze minori e in alcune regioni addirittura di quelle medie. Inoltre un Senato di soli duecento membri sarebbe indotto a recepire nel silenzio assenso i provvedimenti della Camera, certificando una certa inutilità e non sarebbe nelle condizioni di assicurare ai provvedimenti legislativi un’istruttoria adeguata nelle commissioni perché con il taglio le stesse sono ridotte nel numero dei loro componenti, costretti peraltro a dividersi tra contemporanei esigenti impegni.

La disfatta del sistema bicamerale

Alcuni costituzionalisti hanno suggerito di prevedere riunioni congiunte di Camera e Senato al momento di conferire la fiducia al governo e in altre occasioni per adeguare il taglio alla Costituzione, ma questi suggerimenti apprezzabili non tengono conto del fatto, che le due Camere sono ormai assolutamente identiche, non solo nelle funzioni, ma anche nell’elettorato passivo e attivo, essendo stata eliminata la differenza di età, rimanendo solo quella di numero.

Praticamente con questo taglio così importante di circa il 40 per cento dei seggi è venuta meno ogni ragione e ogni significato del sistema bicamerale italiano. Anche se io giudico negativamente il taglio, ormai esso è diventato un fatto compiuto e questa novità ha cambiato profondamente la Costituzione, creando le premesse per un nuovo sbocco, possibile e coerente, che possa rinnovare la nostra democrazia rappresentativa.

La riforma monocameralista

La situazione politica attuale di una vasta maggioranza di unità nazionale è propizia per un impegno di tutte le forze parlamentari, che con consapevole spirito repubblicano mettano da parte qualsivoglia interesse o calcolo di parte, per mirare ad attuare l’esclusivo interesse nazionale, dando vita ad una Riforma monocameralista.

Gli attuali deputati e senatori possono agire per mettere il Parlamento in condizione di esercitare il suo ruolo fondamentale, scongiurando la sua decadenza, e il pericolo di confusione e soprattutto della paralisi istituzionale. Secondo Martelli l’ultima parte della legislatura deve essere dedicata ad una revisione chiara, semplice, necessaria ed urgente, per istituire un’unica Assemblea Parlamentare di 600 eletti, che sia sostitutiva sia della Camera dei Deputati, sia del Senato della Repubblica.

In questo modo Claudio Martelli è convinto che in un’unica revisione costituzionale sarebbero assorbite tutte le varie correzioni rese necessarie dal taglio dei parlamentari, superando finalmente nello stesso tempo il bicameralismo paritario, ritenuto un sistema lento e farraginoso. In questo modo la Repubblica italiana sarebbe dotata di un Parlamento monocamerale proporzionato alla popolazione nel numero dei suoi membri e soprattutto pienamente rappresentativo, efficiente, efficace e in linea con le migliori democrazie moderne. Martelli ha raccolto nell’ultimo numero del suo giornale Avanti le sollecitazioni di molti costituzionalisti ed esperti, che hanno proposto di attuare questa Grande Riforma del Parlamento in senso monocamerale, istituendo un’apposita Commissione parlamentare mista di Camera e Senato, che potrebbe essere integrata di rappresentanti delle Regioni e delle Autonomie locali anche per armonizzare o confermare il numero dei delegati regionali, previsto dalla nostra Costituzione per l’elezione del Presidente della Repubblica. Infatti un ulteriore motivo, per incamminarsi decisamente verso il monocameralismo, anche secondo il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese, è l’esistenza dal 1970 di venti parlamenti regionali, che svolgono le stesse funzioni del Parlamento nazionale, seppure in ambiti limitati e definiti dalla Costituzione, vale a dire fornire un consenso all’esecutivo e adottare atti normativi, le leggi regionali.

L’intento della riforma del taglio dei parlamentari era di operare un “downgrading’ della democrazia rappresentativa a beneficio della democrazia diretta. Con questo declassamento non si volevano tanto ridurre i parlamentari, quanto ridurre il Parlamento e secondo il giudice emerito Cassese, la modifica introdotta con il taglio dei parlamentari ha agito sulla quantità della rappresentanza e non certo sulla qualità della stessa, che rappresenta oggi il suo punto critico. Per agire sulla qualità della rappresentanza, secondo il modesto avviso invece dell’articolista, bisogna che finalmente venga approvata una legge elettorale autenticamente democratica, che non preveda le indicazioni nominalistiche dei leader di partiti, come purtroppo stabilisce il Rosatellum bis. Infine bisognerebbe procedere alla piena attuazione dell’articolo 49 della Costituzione per garantire la presenza del metodo democratico in tutte le formazioni politiche, che dovrebbero peraltro scegliere la classe dirigente con rigorosi sistemi e procedure maggiormente selettive.

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