Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, un principe “sui generis”


Dopo il 1742, durante il regno di Carlo III di Borbone, nella città di Napoli, coesistono due importanti personaggi in completa antitesi.

Da un lato si vive un forte ritorno devozionalistico verso la Vergine Immacolata, promosso dai Gesuiti, in particolare nella figura di Padre Francesco Pepe, abilissimo non solo nel divenire confessore personale del Re, ma bravo anche a toccare le corde del fanatismo e della superstizione popolare; costui, infatti, ha un peso determinante nei provvedimenti governativi riguardanti la cacciata degli ebrei da Napoli e la ” Providas” contro la Massoneria emanata da Benedetto XIV a maggio del 1751.

A farne le spese, il suo antagonista: Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, primo Gran Maestro della Massoneria Napoletana.

Il Gesuita riesce a mettergli contro addirittura il Papa in persona, mentre, dal canto suo, il Principe ha sempre goduto dell’affetto e stima di Re Carlo e della curiosità della nobiltà.

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, un principe “sui generis”

Un principe “sui generis” il Di Sangro, sicuramente diverso da quelli del suo tempo, un uomo che non è mai riuscito a trastullarsi nella pochezza e banalità della vita di corte, che ha preferito dedicare alla sperimentazione, dunque all’alchimia gran parte della sua vita.

Allora il Re, che conosce i suoi studi, gli chiede di procurargli le giuste ed impermeabili vesti per la caccia, cosicchè il Principe gli fornisce l’abbigliamento adeguato in materiale impermeabile sicuramente all’avanguardia per il suo tempo.

Dota la corte e l’esercito di archibugi che funzionano sia a polvere da sparo che ad aria compressa; dunque Palazzo Sansevero è centro di studi umanistici, scientifici, alchemici e tipografia, addirittura, con metodo di stampa all’avanguardia.

E’ da quelle mura che la popolazione di notte percepisce rumori sconosciuti; è da lì che comincia a levarsi la nebbia che avvolge il “Principe”. Chi vi cammina nei pressi comincia a fare il segno della croce e le cose peggiorano sempre di più.

E’ in una lettera del 18 Maggio 1751 che il Nunzio Apostolico Lucio Gualtieri scrive. “E’ con sommo segreto che mi è stato confidato che il Principe di Sangro abbia composta una materia simile al sangue di San Gennaro, che secondo le intemperie dell’aria comparisce di fare gli stessi effetti”.

Con questo esperimento la figura del Principe si offusca completamente; a parer suo ha voluto solo verificare reazioni della materia, ma per altri é andato oltre; nulla più gli è concesso. Non ha altra scelta se non quella di “abiurare” dalla carica di Gran Maestro della Massoneria.

E’ dal 1750 che il Principe inizia ad ideare, progettare l’iconografia dell’attuale Cappella Sansevero. Fa venire a Napoli A. Corradini, colui che ha progettato il Bucintoro per il Doge di Venezia, ma questi viene presto sostituito dal Queirolo con il quale fin da subito non instaura un buon rapporto; il Principe non coinvolge le maestranze nelle sue scelte, si limita ad impartire gli ordini ed i professionisti di un certo livello che convoca tollerano poco questa cosa.

A realizzare il “Cristo Velato” è Giuseppe Sammartino che in soli tre mesi, esegue il capolavoro che avrebbe dovuto avere come prima sistemazione una cavea sotterranea nella quale sarebbe stato illuminato dal “Lume Eterno”, ma ciò non avviene.

Cristo velato

Sulla Cappella di Sansevero e sugli studi e sulle intenzioni del l Principe Raimondo di Sangro si è detto tutto e di tutto; certo è che mai, come in tale spazio, la personalità e la volontà della Committenza si avverte forte, decisa e determinata.

Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero

Nulla è lasciato al caso, tutto ha un significato, tutto “E’ Simbolo”, ma tutto resta un segreto da “scoprire” nascosto negli Occhi del Principe.

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