Germogli di noia, il nuovo libro di Valerio Sgarra

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Valerio Sgarra torna alla scrittura, in un modo del tutto personale

Un reading letterario organizzato secondo il suo stile, alla Vineria San Sebastiano, nel cuore di Napoli, un nugolo di amici ed un mucchio di curiosi.

Uno strujacorde comincia a suonare mentre la voce dell’attrice Laura Sogliuzzo legge, declama e canta e i curiosi cercano sedie o si appoggiano, laconici, al bancone della mescita. Il ruolo apparentemente marginale di chi suona è una boutade che dura poco, la chitarra spesso parla al posto di Valerio Sgarra ma, in questa circostanza, il becero intrattenitore musicale (come lo ha definito Marco Luciano di A.R.T.I.) lascia presto il posto all’istrione che esegue “Niki-list” e “Bar” accompagnato nei cori da tutti i presenti. Un manifesto, quasi, quest’ultima di una vita, di mille vite contenute da chi le racconta e le sussurra e le grida mentre le dita pizzicano le corde dello strumento preferito. Non c’è cronologia né una particolare attenzione didascalica nella scaletta della serata; non importa in quale anno siano state composte e scritte queste “canzonette accidentalmente retrocesse”; parla scrive e canta di un NOI urlato in tempi dispari che è generazionale ma affida il dolore, l’ironia, lo sberleffo e le amarezze alla voce di Laura. In fondo, ciò che più conta è che tutto ciò sia condivisibile e condiviso al punto di passare, dopo un breve escursus tra le opere contenute in “Germogli di noia“, alla disciplina in cui Sgarra è più ferrato: la canzone a richiesta.

 

Il mestiere è tanto, i suoi estimatori pure; tra i nostalgici del teatro-canzone di Gaber e gli aficionados del malinconico sarcasmo di Serge Gainsbourg, Valerio Sgarra si muove con “leggera, strafottente concretezza” per dire al mondo che c’è uno “scrittore musicante” che ha -qualche volta- desiderio di pronunciare ad alta voce il suo pensiero. Per chi vuole sentirlo, benintenso. Lo stile di “Germogli di noia” è più alto elevato ma non solenne rispetto a “Serenate a mano armata” e dà l’idea di un inconsapevole percorso di una -da sempre avversata- maturità dell’autore, quasi imposta dalla vita.

La potenza della scrittura di Sgarra sta nell’alternanza tra l’ironia, il gioco di parole e la grande capacità evocativa della sua penna: le immagini si susseguono come in un film mentre la musica riempie gli occhi.

foto di copertina: per gentile concessione dell’autore Gennaro Abbondante

 

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