Ad un anno dalla pubblicazione di “Io mi libro” Alessandro Pagani torna al 96 di Rue de-La-Fontaine (Edizioni) con “5oo Chicche di riso”, nuovo itinerario tra realtà e ironia, tra satira e irrealtà, tra informazione giornalistica e surreale.
“5oo Chicche di riso” ha il potere di stuzzicare l’attenzione del lettore fin dalla prefazione
Questa porta la firma di Cristiano Militello il quale ci viene in soccorso -tra un metaplasmo e una metatassi- indottrinandoci sull’ importanza di essere toscani, sull’influenza che tali natali può avere nel guardare il mondo con una lente dai contorni ludici che possa filtrare e forse addomesticare con il sorriso l’amarezza della realtà che ci circonda. Cinquecento frasi che ironizzano sulle contraddizioni ed i vizi del nostro tempo, con le illustrazioni di Massimiliano Zatini che scortano in maniera deliziosa il lettore tra le Chicche; qualora qualcuna di esse non arrivasse subito a destinazione, l’autore provvede a stimolare i neuroni specchio e a incentivare il senso dell’ umorismo come stato d’animo. Che, di questi tempi, non è cosa da poco.
Non è infondato il parallelismo che il prefatore disegna tra Pagani e Achille Campanile, ma forse ancor più evidente il tratto che accomuna lo scrittore -e musicista- toscano a Bartezzaghi, (non a caso il semiologo milanese è anche direttore del festival umoristico “Il senso del ridicolo”); ma quando attira l’attenzione del lettore sulla chicca 499 e sull’ approccio alle cose nello stile di Woody Allen, Cristiano Militello ci svela un tratto dell’autore non abbastanza apprezzato. Non ancora, almeno.
Insomma, se fosse un doppio a tennis, si potrebbe ben dire della coppia Militello-Pagani: game set match!