Libri all’aroma di caffè

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Nella giornata mondiale del caffè non potevamo non fare un salto tra le pagine dei romanzi che profumano della bevanda italiana per eccellenza (secondo le ultime statistiche il 97% degli italiani bevono almeno un caffè al giorno).

Il caffè fa la sua comparsa in tantissimi romanzi e in alcuni ne è addirittura il protagonista. Il legame tra libri e caffè è antichissimo. Non a caso è proprio in quelli che erano i Caffè letterari gli intellettuali dell’epoca si incontravano per discutere e confrontarsi davanti ad una gustosa tazza di caffè.

Libri che profumano di caffè

Anche nella letteratura contemporanea il caffè trova ampio spazio attraverso la penna di numerosi scrittori. A contendersi il titolo di “scrittori alla caffeina” sono quasi sicuramente lo scrittore romano Diego Galdino che di mestiere è anche barista e, oltre a scrivere di caffè, ne prepara anche tanti al giorno – e lo scrittore giapponese Toshikazu Kawaguchi.

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Diego Galdino

Tra i libri di maggiore successo di Galdino proprio quelli legati al caffè: Il primo caffè del mattino (Pickwick) e L’ultimo caffè della sera (Sperling & Kupfer). Quest’anno Galdino è tornato in libreria con Storia di un ospite (Bertoni)qui trovate la nostra intervista all’autore durante la quale ci ha raccontato la genesi del suo ultimo lavoro.

Kawaguchi, invece è partito con  Finché il caffè è caldo (Garzanti)  ed è tornato poi in libreria con il seguito: Basta un caffè per essere felici e Il primo caffè della giornata sempre per Garzanti.

Il caffè sospeso

A Napoli il caffè, pur perdendo una F (cafè), acquista un valore aggiunto. Non è più solo una tazzina di una bevanda energizzante, non è più solo un momento di pausa necessario per recuparare forze, ma è un incontro con il futuro.

“Andiamo a prendere un caffè” è una frase che può segnare l’inizio di una grande avventura, la svolta della propria vita.  Non si rifiuta mai l’invito per un caffè, anche perchè arrivati al bancone, la persona che vi ha invitato vi chiederà: “Allora, cosa prendi?”. 

Restando a Napoli non potevamo non fare un accenno al “caffè sospeso”, un’usanza che ebbe inizio durante la Seconda Guerra Mondiale, quando chi poteva permetterselo pagava due tazze di caffè. Una la consumava e l’altra la lasciava “in sospeso” a chi veniva a chiederla e non aveva possibilità di pagarla.

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Lo scrittore e filosofo Luciano De Crescenzo, nel libro intitolato “Il caffè sospeso” ha scritto:

“Quando qualcuno è felice a Napoli, paga due caffè: uno per sè stesso, ed un altro per qualcuno altro. E’ come offrire un caffè al resto del mondo.”

La Cuccumella

Negli ultimi anni, nonostante il diffondersi delle tecnologiche macchine da caffè, qualcuno è tornato ad utilizzare la cuccuma o cuccumella, ovvero la caffettiera napoletana che, a differenza della moka, consente di preparare un caffè espresso più forte e dall’aroma più corposo.

Ricordate come preparava il caffè Eduardo De Filippo in “Questi fantasmi”?

 

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