Silvana Campese e la sua “Parthenope”

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Si intitolata “Parthenope inferno celeste- i molteplici volti dell’ umanità” l’ultima fatica letteraria di Silvana Campese, pubblicata da Phoenix Publishing nel 2020.

Silvana Campese tesse in “Parthenope” una saga familiare ambientata a Napoli attraverso passaggi epocali di grande rilevanza.

Napoletana, autrice di “Prisma”, di una raccolta di racconti (“Strada facendo”) e di “Il ritorno di Cisarò”, Silvana Campese è da sempre attiva nel gruppo delle Nemesiache, fondato da Lina Mangiacapre (Nemesi), la quale assegnava ad ogni componente un nome preso dal Mito, quando se ne fossa colta l’attribuibilità. Così Silvana divenne Medea e la sua storia un libro: “La Nemesi di Medea” del 2019.

Da Medea  a Carmelina (Parthenope inferno celeste del 2020): storie di donne o storie di femmine?

Io, Medea delle Nemesiache, ho narrato la mia storia come donna in lotta nel Movimento Femminista, partendo però dall’infanzia per arrivare all’incontro con Nemesi e le altre e proseguire quindi nella narrazione del mio percorso di liberazione, di lotta e di impegno politico, artistico e culturale con loro.  Quella di Silvana/Medea non poteva che essere una storia di donna e niente affatto mitizzata per ciò che comunemente si potrebbe intendere, se si pensasse al mito/mitologia/leggenda tradizionalmente concepiti e recepiti. Viceversa, Nemesi lo rimise al mondo, il Mito, come le piaceva talvolta affermare. Il Mito per noi Nemesiache è sempre stato il transito, il passaggio necessario, anzi indispensabile per un ritorno alle origini del femminile. Il perché, il come, il quanto importante sia quel transito verso la liberazione dagli stereotipi dell’eterno femminino, dalla subordinazione di feticcio che l’uomo ha creato per la donna, a causa dei quali ha perso la sua identità umana e sessuale, lo si può comprendere attraverso la lettura del mio testo che è anche documentaristico e quindi utile per chi abbia in più desiderio e/o necessità di servirsene come fonte di ricerca e studio. Nel mio libro “Parthenope inferno celeste” ho creato invece una storia in cui alcune protagoniste rappresentano un femminile ingenuo e molto dipendente dalla cultura patriarcale e maschilista, come in Carmela Cantalamessa, del tutto incapace di prenderne coscienza non tanto per mancanza di strumenti mentali quanto piuttosto per appartenenza ‘generazionale’, abbondantemente radicata nel mito – quello sì in senso convenzionale e comune nell’uso che se ne fa – dell’amore per sempre e della devozione coniugale. Per altro intesa o meglio sottintesa ‘unilaterale’… quindi in pratica da tradurre piuttosto in ‘sottomissione’ quando non servilismo. Il che però nel suo caso, come nella maggioranza dei casi simili, non voleva dire vile passività o conclamata stupidità ma si conciliava (all’epoca) abbastanza serenamente con la profondità e l’autenticità commoventi dei sentimenti e delle emozioni, verso il marito e soprattutto verso figlie e figli. Altre protagoniste rappresentano in tutto o in parte gli aspetti di un diverso femminile, più vicino alla contemporaneità e più forte, quindi meno sottomesso ed anzi prodromico rispetto alla rivolta vera e propria ma dal quale comunque bisogna partire per averne innanzitutto consapevolezza profonda e trovarvi la spinta a reagire ed inoltrarsi coraggiosamente in un percorso di crescita e liberazione attraverso fasi di cambiamento. Una per tutte Mariuccia.

Nelle sue opere c’è il ’68 di Medea e delle sue compagne, c’è il dopoguerra di Carmela e Mariuccia: la Storia è maestra di vita oppure è mera narrazione dei fatti del passato?

Domanda scivolosa. La Storia maestra di vita è un ideale più che una realtà constatabile. E’ un desiderio, un invito, una meta utopica. Lo dimostrano i fatti mai come negli ultimi decenni. Ma lo pensava evidentemente Giambattista Vico con i suoi corsi e ricorsi. Con la differenza che i suoi cicli avevano lunghe traiettorie ed intervalli di tempo, erano molto distanti tra loro, a parte la questione del disegno divino. Invece dalla seconda metà del secolo ventesimo, il ripetersi degli errori che causano danni ovunque, a livello globale e producono infauste previsioni in gente cui il cervello funziona bene, percorre cicli sempre più veloci, sempre più ravvicinati. In tal senso quindi direi che la Storia continua a non insegnare granché. Altro che maestra di vita! Tuttavia ho ancora speranza – quasi una fede ‘atea’ – che possa essere di aiuto la Memoria Storica. Questa speranza, questa fede hanno nutrito le mie attività culturali, artistiche e soprattutto il mio impegno politico come Nemesiaca. In questo senso l’impegno degli intellettuali e soprattutto degli scrittori dovrebbe essere totale!

Quanti spazi vitali hanno conquistato le donne negli ultimi anni di impegno culturale e civico, secondo il suo punto di vista?

Dal mio punto di vista le conquiste degli ultimi anni sono state di tipo emancipatorio e hanno riguardato quindi il parziale raggiungimento della parità di diritti costituzionalmente garantiti, almeno in senso formale ma non sempre e non ovunque in senso sostanziale che significherebbe una reale attuazione delle pari opportunità. Per altro stiamo facendo molti passi indietro mentre avanza nuovamente il maschilismo patriarcale persino nelle istituzioni. In campo culturale quindi oltre che politico c’è tanto da fare! Per di più si sono venuti a creare un black out di memoria, ovvero di trasmissione contenutistica, un gap generazionale molto pericoloso sia in generale che in particolare nel femminismo. Femminismo da sempre caratterizzato da molteplici posizioni diverse ma mai come in questa fase in cui è frammentato e in gran parte vissuto in modo conflittuale, aggressivo, con forti contrasti e contrapposizioni. Ne tratto a lungo in “La Nemesi di Medea”.

Se dovesse dare una percentuale per definire il grado di autonomia raggiunto dalle donne, che numero sceglierebbe?

Non credo si possa generalizzare perché ci sono grandi differenze tra continenti e nazioni e persino tra regioni o province, per non parlare delle differenti situazioni soggettive. Comunque, riferendomi all’Italia, direi che quanto ad autonomia economica e quindi livelli occupazionali, al Nord e Centro Nord stiamo messe meglio che al Centro Sud e al Sud. Volendo fare una media penso sia del 40%, più o meno. Invece se ci si riferisce ad un grado di autonomia mentale, di tipo separatista per intenderci, ovvero quella che fa parte di una coscienza profondamente femminista e quindi separatista e comunque non semplicemente emancipazionista, a me sembra che nel nostro Paese ci sia molto da rammaricarsi.

Tre aggettivi per spiegare l’emancipazione ad una giovane donna di 20 anni secondo Silvana Campese.

Difficile scegliere. Ne propongo cinque per poter sperare di non essere fraintesa: l’emancipazione è auspicabile perché l’autonomia economica è importante ma è solo preliminare alla liberazione che consiste nella eliminazione alla radice dell’identificazione nel negativo del maschile. In questo senso il livello emancipatorio, se resta tale, è persino pericoloso in quanto seduttivo e ricattatorio.

Il Covid avrà rallentato l’attività di presentazione al pubblico del suo ultimo libro; che impatto ha avuto la pandemia sulla sua vita?

Purtroppo la pandemia ha rallentato le attività in genere e quindi non poteva non risentirne anche quella di promozione del libro. Io, sin dai primi di marzo, ho compreso che per me, anziana con patologie importanti, anche se perfettamente sotto controllo, la situazione, quali che sarebbero stati gli sviluppi, era purtroppo grave e dovevo proteggermi e stare molto attenta. Ho capito subito che la gente, (soprattutto i giovani), non avrebbe collaborato in modo rigoroso e in parte ne comprendevo le motivazioni.  Però c’è stato molto, troppo egoismo. Inoltre si è iniziato da subito a diffondere fake-news e disinformazione e si continua ancora, proprio mentre il numero dei contagi torna a salire. Questo è da irresponsabili e idioti. Andare contro chi sta gestendo una crisi senza precedenti è da vigliacchi. Chi parla di “dittatura sanitaria” è di una ignoranza abissale. Chi farnetica di complotto internazionale per futuri business legati al vaccino o per la decimazione e distruzione in tutto o in parte di popoli, nazioni e loro economie, è da ricovero neurologico presso struttura carceraria adeguatamente attrezzata! Ho riscontrato sui social una dabbenaggine ed una ottusità impensabili per me, il tutto senza una analisi politica degna di tale nome, che giustificasse, almeno in parte, esternazioni devastanti in un momento così critico. L’attacco al sistema globale in sé e per sé può essere comprensibile ed io stessa mi sono molto espressa in passato e fino all’anno scorso in proposito. Anche nei miei lavori. Ma quando si viene a creare una situazione di emergenza gravissima e per di più globale come una pandemia in pieno terzo millennio, occorrerebbe essere uniti e le scelte di intervento politico come quelle di comportamento individuale dovrebbero essere concrete e pragmatiche! O non se ne viene fuori se non distrutte/i e distrutta l’economia ben oltre l’immaginabile. Sono dunque molto preoccupata. Tuttavia l’impatto peggiore per me è dipeso e dipende dalle conseguenze relative alla impossibilità di raggiungere o essere raggiunta, accogliere e abbracciare figlia e nipoti che vivono in Lombardia. Inoltre la seconda ondata è ancora più difficile da reggere della prima perché sono stremata dalla clausura cui mi costringe.

 

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