Fame nervosa e smart working

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La pandemia da covid 19 sarà ricordata per molte cose, ma soprattutto per il cambiamento della nostra quotidianità, a partire dalle cose più semplici come mangiare, dormire, andare a lavorare. Mi vorrei soffermare sull’argomento lavoro e soprattutto su paroloni che abbiamo sentito ripetutamente in questo lungo anno: smartworking e homeworking

Che differenza c’è?

Il lavoro agile o smart working (uno pseudoanglicismo) è stato definito come un rapporto di lavoro subordinato, ma senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro. Invece l’homeworking è il lavoro fatto dal dipendente fuori dalle mura aziendali, ma in quelle domestiche con però gli stessi obblighi e le stesse responsabilità che si devono assolvere in ufficio. Quindi senza libertà. E’ quello che gli inglesi definirebbero “remote working”.

A tal proposito sono stati fatti degli studi dalle Università della California e della Lousiana per comprendere come abbiamo risposto alla sedentarietà legata al lavoro da casa. Su quasi mille persone intervistate con questionario online, oltre il 60% ha dichiarato che in seguito allo smartworking ha sviluppato un “nuovo problema” fisico e addirittura oltre il 74% ha associato a questa nuova metodica lavorativa dei disturbi non solo fisici, ma anche mentali legati a stress e depressione.

Nello stesso studio è emerso che è aumentato l’utilizzo di cibi spazzatura utilizzati come fonte di ristoro o meglio ancora comfort food nelle situazioni di disagio.

Fame nervosa e smart working

La maglia nera anche in questo studio portato avanti dai ricercatori dell’università della California, coordinati dal dottor Yijing Xiao, è stata assegnata alle donne che hanno aumentato in modo esagerato la loro “fame nervosa” legata certamente alla mancanza di interazione con i colleghi, alle continue distrazioni domestiche (mi ha fatto pensare ai Griffin quando il bimbo Stewie incessantemente chiama la mamma Lois Lois Lois Lois!). E questo ha determinato un aumento lieve di peso per chi era normopeso in pre-pandemia, ma ha determinato un notevole incremento per chi già era sovrappeso o obeso.

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Fame nervosa e smart working

Quindi sia per gli uomini che per le donne possiamo dare delle piccole regole su come gestire la fame nervosa mentre sono a casa in lavoro remoto? Certo!

Per prima cosa visto che la fame nervosa non è un vero e proprio bisogno fisiologico, ma un modo del corpo di rispondere a situazioni di stress, può essere utile distrarsi, magari prendere una boccata d’aria, bere un bicchiere d’acqua o meglio ancora una tisana, rigorosamente senza zuccheri aggiunti, leggere qualche pagina di un libro. O per chi ci riesce, concentrarsi ancora di più su quello che si sta facendo.

Ovviamente nel caso in cui la fame sia fisiologica, cioè ho davvero fame, allora sono consigliati spuntini sazianti per esempio la frutta secca o fresca, o meglio ancora verdure crude, soprattutto se siamo in prossimità del pasto.

Piccole regole

Per evitare di incorrere nella fame da insoddisfazione mentre siamo al pc a lavorare consiglio piccole regole

  • regolare i pasti in modo da avere colazione, pranzo e cena lontano dal pc: stare al pc mentre mangiamo non ci dà la percezione di quello che stiamo introducendo nel nostro corpo per finire col pensare di non aver quasi mangiato;
  • mangiare sempre qualsiasi cosa masticando in modo lento per due motivi il primo è far durare di più ciò che mangiamo, il secondo è stimolare una corretta digestione, che ci eviti il senso di abbiocco post pasto.

E’ importante rendersi conto e imparare a gestire la fame nervosa, che non è un segno di debolezza, ma di disagio. Soprattutto non bisogna sottovalutare l’emotional eating che si può trasformare in una problematica patologica più seria come il BED (Binge Eating Disorder in cui vi è la sensazione di perdere il controllo, vissuto come percezione di non poter smettere di mangiare o di controllare cosa e quanto si sta mangiando), ma non è questo il momento di parlare di questa patologia molto molto seria.

Vi ripropongo il questionario sulla percezione di sé per cercare di comprendere che livello di consapevolezza abbiamo rispetto alle nostre esigenze e al nostro modo di alimentarci.

https://bit.ly/3waDE3d

Dr.ssa Claudia Cinquegrana, biologa nutrizionista, Studio Albes

 

 

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