È morto l’ex presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe

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Robert Mugabe: La conferma della morte è arrivata con un tweet nella mattina di venerdì 6 settembre da parte del suo braccio destro e successore, Emmerson Mnangagwa, senza nessun dettaglio sulle cause del decesso.

La morte è avvenuta in una lussuosa clinica di Singapore a migliaia di chilometri dal paese che ha prima “liberato” e poi “distrutto”.

La figura di Robert Gabriel Mugabe

Nato il 21 febbraio del 1924 ad Harare quando il paese si chiamava ancora Rhodesia intraprese i suoi studi in Sudafrica avvicinandosi agli ideali del marxismo. Divenne poi professore all’università di Accra, in Ghana. Rientrato nel suo paese nel 1960 ormai scosso dai tumulti anticolonialisti, entrò a far parte prima del Partito nazionaldemocratico (NDP) poi in seguito rinominato Unione popolare africana di Zimbabwe (ZAPU).

Acceso sostenitore della teoria della lotta armata come unica via per rovesciare il potere coloniale fuoriuscì dallo ZAPU e fondò l’Unione Nazionale africana dello Zimbabwe (ZANU).

Nel 1964 fu arrestato e rimase in carcere per 10 anni. Dopo l’uscita di galera e a seguito dell’inasprimento della lotta armata tra i leader bianchi rhodesiani e il suo partito (rinominato Patriotic Front) si arrivò ad un accordo per una transizione pacifica del paese.

Il 4 marzo 1980 vinse trionfalmente le elezioni divenendo il primo leader nero a ricoprire questo ruolo. Il paese cambierà definitivamente il suo nome in Zimbabwe.

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Robert Mugabe alla guida del paese

Ininterrottamente dal 1980 al 2017 Mugabe è stato il leader dello Zimbabwe. Fino al 1987 fu “solo” primo ministro, ma in realtà la concentrazione di potere nelle sue mani era molto più grande. Nonostante si ispirasse alle teorie marxiste-leniniste la maggior parte delle politiche economiche che applicò furono moderate e ispirate al liberoscambismo. Inoltre più che un leader pan-africanista fu un leader nazionalista.

Nel 1987 dopo che la figura del primo ministro fu abolita, Mugabe divenne presidente e mantenne tale carica fino al 2017. Riuscì a rimanere al potere grazie ai ripetuti brogli elettorali e alle intimidazioni nei confronti degli antagonisti politici.

Durante la sua presidenza riuscì a trasformare il paese nel “granaio d’Africa” grazie ai circa 200mila contadini bianchi rimasti dopo la fine del periodo coloniale. Istruzione e sicurezza rappresentarono i fiori all’occhiello del suo governo e la corruzione fu drasticamente stroncata grazie alla ferrea disciplina imposta ai membri del suo governo.

Robert Mugabe, gli ultimi anni e il declino

I veri problemi cominciarono con la riforma agraria del 2000. Con un’azione poco lungimirante si cominciarono a espropriare le terre dei pochi coloni bianchi rimasti nel paese e a redistribuirle ai membri più fedeli del suo partito che non seppero farle fruttare. Il risultato fu una vera e propria catastrofe economica che si trasformò in un tracollo vertiginoso e che toccò il culmine nel 2008 quando, a causa dell’iperinflazione, la moneta locale diventò carta straccia senza valore.

In questa situazione di crisi il principale partito di opposizione cominciò a guadagnare consensi, ottenendo l’appoggio di una parte della minoranza bianca.

Nel 2017 infine la decisione di tentare di perpetuare il suo potere nella figura della moglie ed ex segretaria, Grace Marufu, amante sfrenata del lusso, portò gli stessi militari e i compagni di partito, suoi fedeli, a deporlo.

Le contraddizioni del modello “Mugabe”

La presidenza di Mugabe rappresentò un periodo controverso. Lo Zimbabwe fino al 1996 rappresentò senz’altro un modello di sviluppo per gli altri paesi africani.

A partire dalla disastrosa riforma agraria e anche a causa di alcuni anni di siccità, le condizioni economiche e di sviluppo del paese precipitarono e ancora oggi i dati sono agghiaccianti. Oltre l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e i tassi di disoccupazione toccano la soglia del 90%.

Durante il suo regime inoltre fu accusato di violazioni dei diritti umani, repressione del dissenso e persecuzione delle minoranze etniche. Inoltre la perpetuazione del potere nelle mani del suo vice, Mnangagwa, non ha risolto le problematiche del paese, che vive ancora nella paura delle persecuzioni e in una situazione economica disastrosa.

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