Daniela Punziano, autrice di “La parola prima di tutto” – Intervista

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Daniela Punziano è l’autrice di La parola prima di tutto edito da Graus Edizioni. Insegnante di canto e pianoforte, arrangiatrice, compositrice, corista, cantante, tastierista, con La parola prima di tutto, la Punziano compie il suo esordio nel mondo dell’editoria.

Daniela Punziano - La parola prima di tutto

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In occasione di un incontro per la presentazione del libro, abbiamo avuto il piacere di rivolgere qualche domanda all’autrice.

Daniela Punziano

La prima cosa che colpisce del tuo libro è il fatto che sia dedicato alla speranza. Perché questa scelta?

Speranza e desiderio, speranza e futuro, termini che tendono facilmente a fondersi. Non devi essere milionario o al contrario un poveretto per possederla. Esiste solo se vuoi che viva dentro di te. La speranza che arrivi un figlio o il desiderio che arrivi un figlio, la speranza che il tuo secondo libro si trasformi in una serie televisiva o il desiderio che il tuo secondo libro si trasformi in una serie televisiva, la speranza che la tua famiglia resti unita nel tempo o il desiderio che la tua famiglia resti unita nel tempo. Tutti noi abbiamo speranze o desideri per il nostro immediato o lontano futuro e l’essere fiduciosi che i nostri progetti possano realizzarsi è la chiave a cui ho voluto fortemente dedicare il mio libro.

Il tuo libro è ispirato ad una storia vera. Chi era Auretta?

Auretta è mia nonna, è tua nonna, è mia madre, è tua madre, è mia zia, è tua zia, è la mia vicina di casa, è la tua vicina di casa. E’ la donna che difficilmente diventerebbe protagonista di un film, di un poema, di un libro. E’ una donna che non ha viaggiato nello spazio e che non diventerà mai un’astronauta, non è un chimico, un professore, uno scienziato, un ricercatore. Facile decantare le gesta di una donna che per l’intera comunità ha fatto qualcosa di grandioso. La piccola società, la famiglia. Grandi cose possono accadere anche tra un numero ristretto di persone, eppure essere eccezionali per chi le vive. Ogni vita, lunga o breve che sia, complicata o semplice deve essere vissuta al pieno delle proprie capacità ed esigenze. Auretta lo ha fatto, continua a farlo. Non avrei potuto scegliere una musa migliore di lei.

Al libro sono allegate alcune foto che testimoniano quanto narrato. Hai scelto di raccontare la storia di Auretta limitandoti alla sequenza degli eventi che hanno reso avvincente la sua storia. Una scelta quella di non romanzarla?

Tanti scrittori scelgono di raccontare episodi di una storia vera, spesso la loro stessa, evitando di scrivere racconti dettati dalla propria fantasia. Credo sia dovuto soprattutto da una necessità di raccontarsi, quasi come per liberarsi di pesi arrivando così a lanciare nel lettore dei messaggi idonei a rivalutare una loro stessa situazione. Alcuni scelgono di romanzarli, altri ne danno semplicemente l’osso per una questione di immediatezza “visiva” attraverso una certa cronologia di eventi. Ecco, io mi sono attenuta ”quasi letteralmente” alla cronologia della vita di “Auretta” e non della mia, ma con la speranza di poter in qualche modo riuscire a fare lo stesso di tutti gli altri scrittori che ci hanno provato dando a loro stessi il ruolo di protagonista. Mi sono lasciata spesso andare a stralci di vita quotidiana e pensieri personali all’interno del mio libro, questo è vero, ma dietro ad ogni data o evento obiettivamente oggettivo ci ho trovato un’occasione per tirare fuori tutta la mia soggettività.

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“Per vendere i suoi quadri era costretta a firmarli col nome del marito”

Auretta, la protagonista del tuo libro, ha un grande talento artistico. Avrebbe potuto diventare una pittrice e far carriera, ma per una donna, in quegli anni, l’ardire appariva sconsideratezza. Oggi, fortunatamente, molte cose sono cambiate, ma le donne faticano ancora nel “dimostrare di essere all’altezza”. Quanto e in che cosa oggi, a tuo avviso, sono ancora penalizzate le donne?

Pressioni esterne, standard culturali e “riflesso condizionato” per dirlo alla Vincenzo Salemme sono ancora “nei” particolarmente pesanti in Italia. Tante cose sono cambiate, ma tante ancora dovranno, seppur lentamente, essere modificate. Il fatto di dover comunque dimostrare di più, faticare di più, soprattutto nel mondo del lavoro per essere accettata, ma ricevere comunque uno stipendio più basso di un uomo, questo un esempio. La paura degli uomini di non riuscire ad avere il potere di un tempo è stato l’elemento determinante di ogni assurda loro presa di posizione. Lo vediamo anche quando in famiglia avvengono dei cambiamenti: i figli crescono, ti viene a mancare un tuo caro, la tua carriera ti porta a raggiungere livelli più alti e a darti nuove opportunità, ma anche responsabilità. La donna affronta il cambiamento facendolo diventare parte della sua stessa vita, l’uomo arranca, naviga nel buio, cade, si sobbarca di scelte sbagliate e poi, forse, accetta e continua a vivere davvero. Tutto ciò forse, riassumendolo in poche parole, “divora e non restituisce” come ci dice in uno dei suoi brani la Cantantessa catanese Carmen Consoli. Auretta, vittima di sicuro del suo tempo. Per vendere i suoi quadri, le sue sculture era costretta a firmarli col nome di suo marito. Oggi la chiamiamo ‘violenza psicologica’. Per migliorare i suoi disegni, i suoi stili pittorici Auretta dovette imparare dalle foto stampate sui libri delle tele dei più famosi pittori. Da sola e senza nessuna guida. Non degno d’esser madre di figli sarebbe stato prendere lezioni da insegnanti di pittura uomini. Dannato ‘bigottismo’! Ma a volte credo che sia la stessa lingua italiana a creare parole discriminanti e forse si potrebbe proprio partire dal nostro vocabolario per iniziare un vero cambiamento. Giusto per ridere un po’ e per valutare davvero la possibilità di farlo, come disse la Cortellesi sulle parole del prof. S. Bartezzaghi a una cerimonia dei David: un cortigiano è un uomo che vive a corte, una cortigiana, una mignotta; un uomo di strada è un uomo del popolo, una donna di strada una mignotta”. Le parole ci condizionano ed è giusto usarle per bene da qui anche il titolo “La parola prima di tutto”.

Il nuovo progetto di Daniela Punziano: Sette donne, sette protagoniste

“La parola prima di tutto” è il libro del tuo esordio. Stai già scrivendo un altro libro? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho finito di scrivere il mio secondo libro ad agosto, poco prima che venisse pubblicato il primo. E’ nato così in quei 15 giorni di riposo, che per noi insegnanti è un riposo soprattutto mentale. Fosse solo il fatto di non aver da rispettare orari. Sette donne, sette protagoniste legate dalla loro irrefrenabile voglia di raccontare al proprio diario, quindi a loro stesse, di sé. Argomenti come il bullismo, la violenza sulle donne, la terra dei fuochi che si annidano nelle vite di donne diverse tra loro, per età, titolo di studio, posizioni lavorative, eppure tutte campane. Al momento stiamo registrando le sette voci, perché anche questo, come il primo, vuole essere un audio libro; gli sketch saranno allegati alla fine del libro. Al termine ci dedicheremo alla stesura della sceneggiatura e della regia per crearne dei piccoli cortometraggi. Ad affiancarmi questa volta tutta la classe del corso di recitazione dai 13 anni senza limiti d’età della mia Associazione culturale Le Ninfe di Quarto (NA). Le location dove gireremo sono già in attesa e hanno dato tutte un caloroso consenso. Cos’altro dire? …NON VEDO L’ORA!

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