Per “Un autore al mese” intervista a Ciro Bruno Linardo

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“Fiori nell’hammada” (MEA Edizioni) è il secondo libro di Ciro Bruno Linardo, il cui esordio nel mondo letterario è avvenuto con #ProcidaNonDeveMorire (MEA Edizioni), romanzo che ha ottenuto numerosi consensi e riconoscimenti. Quelli di Linardo sono libri che raccontano una difficile ed annosa realtà non a tutti nota: la condizione del popolo saharawi che da anni resiste per ottenere la propria indipendenza combattendo unicamente con gli strumenti della diplomazia.

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Fiori nell’hammada è il sequel  di #ProcidaNonDeveMorire (QUI TROVATE LA RECENSIONE DI #PROCIDANONDEVEMORIRE). 

Quella di Linardo è una scrittura snella, fresca, senza troppi fronzoli.  Le sue sono storie di formazione. Il protagonista è Moulay, un ragazzo saharawi che studia sull’isola di Procida. E’ attraverso la storia personale di Moulay che il lettore scopre la drammatica storia del popolo saharawi. Per saperne di più ne abbiamo discusso con l’autore che ringraziamo per la sua disponibilità.

Per la rubrica”Un autore al mese” intervista a Ciro Bruno Linardo

  • #ProcidaNonDeveMorire e Fiori nell’hammada hanno segnato il tuo esordio nel mondo letterario. Oltre ad essere due storie da leggere tutte d’un fiato, i tuoi libri rappresentano anche il giusto pretesto per catturare l’attenzione pubblica su un’annosa e difficile questione, quella che da circa 50 anni patisce il popolo saharawi? Ci racconti qualcosa di più? Cosa è accaduto? Cosa reclama il popolo saharawi?

Molto volentieri! Provo a sintetizzare la storia del popolo saharawi. Questa popolazione nomade, mezza berbera e mezza araba si è stanziata già dal XIII secolo nel Sahara Occidentale che geograficamente è collocato sotto al Marocco e di fronte all’arcipelago delle Canarie. Per circa quarant’anni, dal 1934 al 1973 il loro territorio è stato occupato dalla Spagna. Si parla, infatti, di Sahara spagnolo.

Nel 1973 la Spagna ha ceduto, in cambio dell’uso esclusivo delle isole Canarie e degli avamposti spagnoli in territorio marocchino (le città di Ceuta e Melilla), il Sahara Occidentale al Marocco che lo ha occupato con una finta “marcia di Pace”.

Molti saharawi sono stati costretti a scappare sotto una pioggia di bombe al Napalm (utilizzato anche da Hitler per lo sterminio del popolo ebraico). L’unico rifugio: l’inospitale deserto in territorio algerino, il deserto dell’hammada (che in arabo vuol dire inferno), dove tuttora vivono esuli e profughi.

A partire dagli anni ’80 il Marocco ha iniziato la costruzione del secondo muro più lungo attualmente esistente, il Muro della Vergogna come lo chiamano i saharawi. Un muro disseminato di mine antiuomo, molte anche di fabbricazione italiana, presidiato da terribili cecchini e da sistemi radar.

Dopo 16 anni di guerra tra saharawi e marocchini, il 6 settembre 1991 è stato firmato un accordo di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. E’ da allora che il popolo saharawi chiede il diritto all’autodeterminazione, come previsto dalla risoluzione ONU numero 1514 del 1960 sulla decolonizzazione dei popoli. Ciò dovrebbe avvenire attraverso la realizzazione di un referendum di autodeterminazione che però viene puntualmente boicottato.

Da Novembre 2020 c’è una recrudescenza del conflitto che attualmente è purtroppo ancora in essere, sebbene i media mondiali non ne parlino mai.

 

  • Come ti sei avvicinato a questa realtà?

Ho conosciuto il popolo saharawi attraverso l’associazione napoletana “Bambini senza confini ets”, presieduta dal Professor Fulvio Rino, e di cui attualmente sono il Tesoriere.

La nostra associazione ogni anno ospita circa una dozzina di bambine e bambini saharawi dell’ età di 7-12 anni per circa un mese. Lo scopo di questa accoglienza, il cui progetto ha una portata mondiale, è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla causa saharawi attraverso la testimonianza di questi meravigliosi bambini che sono degli Ambasciatori di Pace (questo è anche il nome italiano del progetto). 

“Bambini senza confini ets” fa parte di un’organizzazione che si chiama “Rete Saharawi – solidarietà italiana con ipopolo saharawi Odv”, presieduta da Caterina Lusuardi.

Chi mi conosce sa che, come dico spesso, la solidarietà nei confronti dei saharawi è una delle attività più gratificanti che svolgo nella vita!

 

  • Perché della condizione del popolo saharawi se ne parla così poco?

La condizione del popolo saharawi interessa a pochi innanzitutto perché, come tutte le minoranze, si tende a dominarle piuttosto che a valorizzarle. Inoltre gli interessi economici che gravitano attorno al Sahara Occidentale sono enormi ed impattano su molte grosse economie europee e non solo.

I mille chilometri di costa atlantica su cui affaccia il Sahara Occidentale sono pescosissimi e gran parte della produzione locale viene servita nei ristoranti spagnoli, francesi e italiani. Quindi, inconsapevolmente, anche noi contribuiamo al perpetrarsi di quest’ingiustizia. Inoltre il territorio è ricchissimo di fosfati che vengono utilizzati come fertilizzanti in agricoltura e come additivi dall’industria alimentare.

Tuttavia recenti sentenze di alcune Corti di Giustizia Internazionali hanno stabilito che gli accordi stipulati tra Marocco ed Unione Europea per lo sfruttamento di risorse del Sahara Occidentale sono da annullare perché stipulati senza il consenso ed il coinvolgimento economico del popolo saharawi, che è l’unico legittimato ad utilizzare le risorse di quella zona illegalmente occupata dal Marocco.

 

  • So che sei stato nei luoghi dove oggi una parte del popolo saharawi si è stanziato. Cosa hai trovato?

Nel 2019 ho sentito dentro di me un fortissimo desiderio di vedere da vicino in quali condizioni realmente vivono i miei amici saharawi. Abbiamo dunque organizzato una missione umanitaria composta da 5 persone appartenenti al Consiglio Direttivo di “Bambini senza confini ets” e ci siamo recati nei campi profughi nel deserto dell’hammada, precisamente nel villaggio di Boujdour. Abbiamo raccolto medicinali e generi di prima necessità ed abbiamo approfittato del massimo peso trasportabile in aereo per offrire il nostro contributo alla causa.

Ciò che mi son portato dietro da questo indimenticabile viaggio, su cui ovviamente scriverò una storia, è la grande dignità e fierezza di questo popolo. L’ospitalità delle famiglie saharawi è quasi imbarazzante. Loro, a differenza nostra, aprono le umili case agli ospiti e, non solo ti invitano a pranzare o cenare lì, ma addirittura ti invitano a dormire presso di loro. I loro bambini inoltre sono sempre sorridenti e festosi. La condizione peggiore la vivono i giovani in età da lavoro, i quali nonostante un’elevata scolarità e diverse specializzazioni (i saharawi sono alfabetizzati al 95%) vivono una situazione di frustrazione legata alla mancanza di lavoro.

 

«In pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono i padri a seppellire i figli”. Bisogna mettere in gioco quindi tutte le soluzioni pacifiche prima di intraprendere azioni di guerra che innescano poi una spirale perversa di odio e di violenza, di sangue e di morte, di ignoranza e di egoismo, frantumando la dignità umana», rispose nonna Beatriz con voce calma, ma decisa.

«Domani quindi chiederò un incontro a Dembt e cercherò la via giusta per ristabilire la pace», concluse con tono rassicurante.

«Sei sicura che questa sia la cosa giusta da fare?» chiese uno spaurito Lahbib con gli occhi ancora lucidi.

«Allah mi aiuterà a trovare le parole giuste, vedrai…»

Lahbib fu accolto nel porto sicuro delle braccia della nonna ed i Riyah furono  ricacciati indietro dal potente vento dell’amore.

(da Fiori nell’hammada)

 

  • I tuoi libri hanno ottenuto diversi riconoscimenti. A mio avviso ben potrebbero essere proposti nelle scuole superiori, trattandosi di libri che, oltre a consentire confronti su diverse tematiche sociali, sono anche romanzi di formazione. Moulay e “Favola”, i principali protagonisti (oltre a Giovanni), sono, infatti, due liceali. E’ stato già fatto qualcosa a tal proposito?

La tua domanda è molto pertinente ed attuale. Infatti questo progetto che ho in mente da quando nel 2020 è uscito il mio primo romanzo, si sta realizzando dopo la fase di picco della pandemia in cui le scuole erano off limits per gli “esterni”.

Sono in contatto con diverse scuole alle quali ho presentato il progetto e a breve, dopo i doverosi passaggi istituzionali, dovrei presentare #ProcidaNonDeveMorire presso la Scuola Media Pirandello di Napoli, quartiere Soccavo. Ma questo è solo l’inizio , ve lo garantisco!

Ciro Bruno Linardo, autore di #Procidanondevemorire e Fiori nell’hammada
  • Entrambi i tuoi libri sono stati molto apprezzati e i riconoscimenti ottenuti ne sono la prova. Hai già qualcos’altro che bolle in pentola?

Ho cominciato a scrivere per rispondere ad una mia esigenza di comunicare al mondo ciò che provavo tutte le mattine raggiungendo per lavoro il mio luogo del cuore, Procida.

La pandemia mi ha aiutato poiché molti amici, chiusi in casa, hanno letto ed apprezzato ciò che nel libro auspicavo e che poi si è verificato: il rallentamento dei nostri ritmi frenetici emulando quella dimensione di procidanità su cui ho imparato a fasarmi.  Una volta ricevuto il consenso unanime dei miei amici e parenti ho voluto misurarmi con le giurie dei concorsi letterari, nonostante tutti me lo sconsigliassero per via dei clientelismi probabili o possibili. Quando sono arrivate le soddisfazioni anche in quell’ambito, con una menzione speciale (equivalente al secondo posto assoluto) al Premio Letterario il Borgo Italiano 2021 e due finali ad altrettanti concorsi nazionali (Premio Virgilio in Antica Atella di Frattamaggiore 2020 e Premio Caravaggio 2022) ho dimostrato che la mia tenacia e determinazione avevano ragione.

 

La scrittura è oramai entrata nel mio sistema circolatorio e quindi non riesco più a fare a meno di questa forma comunicativa che mi fa entrare in contatto con l’anima nobile del mio amato papà, che da qualche anno vive tra gli angeli.  Dopo qualche mese di “sindrome da pagina bianca” ho ripreso a scrivere cimentandomi in una nuova sfida. Sospenderò per il momento il filone saharawi (solo per quanto concerne la scrittura e non riguardo la solidarietà) per narrare una storia ambientata a Napoli e che parla delle varie forme di diversità e del rapporto tra quest’ultima e l’omologazione globale. Vediamo quale tra queste due potenti forze avrà la meglio attraverso il racconto delle vite di quattro personaggi simili ma diversi.

 

  • Una parte del ricavato dei tuoi libri viene destinato in beneficenza a favore della causa del popolo saharawi. Chi volesse sostenere la stessa causa, oltre ad acquistare i tuoi libri, cosa può fare?

Coloro i quali volessero avvicinarsi e innanzitutto conoscere la causa saharawi possono certamente associarsi a “Bambini senza confini ets” che negli ultimi due anni pandemici ha anche prestato la sua solidarietà nell’organizzazione di progetti  riservati a bambini napoletani (un campo estivo per i bambini appartenenti a famiglie disagiate del quartiere di Montecalvario) ed ucraini (gite solidali e raccolta fondi).

Quindi vi invito a contattarmi sulle mie pagine social per venire a conoscere da vicino la nostra magica realtà.

Grazie davvero per lo spazio che mi avete dedicato. Approfitto per invitare te e tutti i lettori alla presentazione di Fiori nell’hammada venerdì 4 novembre presso Phlegraea SocialBookbar in pieno centro storico nella mia Pozzuoli.

 

 

 

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