I dolci della trazione napoletana – Sono tantissimi, uno più delizioso dell’altro. I dolci napoletani raccontano la storia di questa meravigliosa città.
Resistervi è praticamente impossibile: una bontà incredibile, porzioni soddisfacenti e prezzi economici. Ingrassare a Napoli è praticamente d’obbligo!
La lista dei dolci della tradizione sarebbe infinita, ecco per voi una lista di quelli che non vi potete perdere.
LEGGI ANCHE: DOMENICA E’ SEMPRE DOMENICA: ‘A GUANTIERA ‘E PASTE
I dolci della trazione napoletana
Il babà
È senza dubbio uno dei dolci della tradizione partenopea più apprezzati. Delizioso sia nella versione classica che con aggiunta di crema pasticcera, e talvolta di frutta.
Questo dolce in realtà nasce piuttosto lontano da Napoli, è una fusione infatti tra la cucina partenopea, quella francese e quella polacca.
A inventarlo fu il re polacco Stanislao Leszczyński, che si trovava in esilio nella regione francese. Il re decise di aggiungere uno sciroppo al rum al kugelhopf, un dolce tipico da lui considerato troppo asciutto.
Il risultato finale non fu certo il babà come lo conosciamo oggi, ma era comunque una sua versione primordiale.
La sua prima testimonianza scritta in Italia risale al 1863, ma è solo dalla fine del secolo che diventerà un dolce diffuso fra la borghesia napoletana, fin dall’inizio consumato camminando, come un vero street food.
La pastiera
La Pastiera è una torta di pasta frolla, piuttosto simile ad una crostata, caratterizzata da una morbida farcitura che conta tra i suoi ingredienti principali grano, ricotta, frutta candita ed essenza di fiori d’arancio.
Si tratta di un dolce tipico Pasquale, ma oggi è possibile trovarla nelle pasticcerie praticamente tutto l’anno.
I napoletani amano molto una leggenda pagana legata alle origini di questo dolce,che vede protagonista la sirena Partenope. Si racconta che ella scelse il golfo della città come sua “abitazione”; per ingraziarsi la divinità sette fanciulle portarono alla sirena sette simbolici doni: farina, grano, zucchero, ricotta, acqua di fiori d’arancio, uova, spezie varie. Dalle mani della sirena, nacque il composto che conosciamo come pastiera napoletana.
Le zeppole di San Giuseppe
Le zeppole di San Giuseppe sono un altro celebre dolce della tradizione napoletana. Anche questo viene consumato tutto l’anno, ma sono tipiche nei giorni intorno al 19 marzo, data da cui prendono il nome. Tradizionalmente, vengono considerati i dolci per la festa del papà.
Il 19 marzo è una data particolare anche per un altro motivo. Questo giorno, posto a ridosso della fine dell’inverno, sembra che si potesse ricollegare ai tradizionali riti di purificazione agraria dell’Italia meridionale, durante i quali si accendevano dei falò e si svolgevano particolari danze per festeggiare l’equinozio di primavera. In questa occasione venivano condivise con la comunità delle frittelle ricoperte di miele. Usanza questa, ancora in auge in alcuni paesi del sud Italia.
Gli struffoli napoletani
Questo dolce famoso solo al sud Italia è tipico del periodo natalizio.
Si tratta di piccole palline di pasta dolce fritta nell’olio, che per la forma assomigliano a degli gnocchetti. Dopo essere stati fritti vengono poi immersi in un bagno di miele, guarnite con confetti colorati e canditi e servite su dei piatti che fanno da letto a una composizione di bontà.
L’impasto è semplice: bastano farina, un pizzico di sale, delle uova, zucchero semolato e burro.
La sfogliatella
La sfogliatella è uno dei simboli iconici di Napoli. La troverete praticamente ovunque, non ci può essere bar nel napoletano che non le venda! Deliziosa in entrambe le sue versioni, sia riccia che frolla. La prima viene fatta con la pasta sfoglia, la seconda con la pasta frolla. Entrambe hanno poi un delizioso ripieno fatto di ricotta e canditi. Il tutto rigorosamente coperto dallo zucchero a velo.
La sfogliatella originale in realtà è quella riccia, nata dall’ evoluzione della Santarosa, un altro pasticcino tipico della cucina campana. La sfogliatella frolla nasce successivamente, solo per essere più semplice da mangiare dato che la sfoglia di quella riccia poteva tal volta risultare anche tagliente.
Leggi anche: “Tene folla Pintauro”, cosa significa?