Politica: Si aprono i giochi sulle riforme costituzionali

Giorgia Meloni deve subire gli attacchi in Europa dai governi di Francia e Spagna, ma in Italia incontra tutte le forze politiche per preparare alcune riforme costituzionali addirittura sulla forma di stato e di governo.

I democratici della segretaria Elly Schlein sono contrari a qualsiasi ipotesi di elezione diretta, ma sono favorevoli a un rafforzamento dei poteri del premier. Il cancellierato alla tedesca, per il senatore Dario Parrini, consentirebbe di razionalizzare la forma di governo parlamentare, senza svuotare il ruolo del presidente della Repubblica.

Del resto, “rafforzare e razionalizzare la forma di governo parlamentare” è un punto del programma del PD, guidato da Enrico Letta alle scorse elezioni politiche. Nello stesso documento si parla della necessità di introdurre la sfiducia costruttiva, come peraltro aveva già proposto il PSI di Craxi, assieme all’introduzione della legge elettorale proporzionale con uno sbarramento, proprio come avviene in Germania.

I pentastellati del presidente Giuseppe Conte hanno espresso la contrarietà a una riforma, che vada verso il presidenzialismo all’americana o il semipresidenzialismo alla francese, ma la contrarietà è stata ribadita, nel corso dell’incontro avuto con la premier Giorgia Meloni, anche in merito all’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Nel programma elettorale del movimento 5 stelle, si propone infatti l’introduzione della sfiducia costruttiva, unita però alla necessità “che al presidente del Consiglio venga attribuita la facoltà di proporre al presidente della Repubblica la revoca dei ministri”.

Insomma anche Conte si ispira alla vecchia soluzione di Bettino Craxi, la cosiddetta “soluzione tedesca” per evitare crisi al buio, che sono state tante nella storia della Repubblica italiana e che addirittura negli anni scorsi in Belgio ha causato il paradosso di stare per tanti mesi senza governo.

Per arrivare ad approvare le riforme costituzionali non si esclude di utilizzare una commissione Bicamerale, che ai tempi del primo governo Berlusconi fu guidata da Massimo D’Alema, ma tante forze politiche non la vogliono e l’ipotesi potrebbe tramontare nei prossimi giorni. Giorgia Meloni vuole assolutamente cambiare la Costituzione in senso presidenziale, e il premierato sembra godere di maggiori consenso nella maggioranza, ma anche in alcune forze d’opposizione come Italia viva, Azione e il gruppo delle autonomie.

La presidente del Consiglio ha dichiarato di volere incontrare anche le parti sociali, le associazioni datoriali e i sindacati dopo le forze politiche presenti in parlamento perché la Meloni è consapevole che alla fine del lungo percorso di riforma saranno comunque i cittadini a doversi esprimere con un referendum costituzionale.

Il problema più grande al momento è la questione della riforma delle Autonomie differenziate delle Regioni, che la lega di Salvini vuole assolutamente raggiungere addirittura prima delle elezioni europee del prossimo anno. La ministra delle riforme Maria Elisabetta Casellati dovrebbe sottoporre alle Camere un testo prima dell’estate, secondo la procedura prevista dall’articolo 138, che regola le modifiche costituzionali.

La lega è schierata nettamente a favore del presidenzialismo, per rispettare il programma elettorale della coalizione di centrodestra, ma è chiaro che lo fa anche per ottenere almeno la riforma dell’autonomia differenziata delle Regioni, mettendo in difficoltà in questo modo soprattutto gli alleati di maggioranza, che le forze d’opposizione.

Alla lega non piace il premierato perché è fallito nei paesi dove è stato sperimentato come Israele, e soprattutto i salviniani contrastano il modello proposto da Matteo Renzi del “sindaco d’Italia” perché rafforza troppo i poteri del presidente del Consiglio, rispetto a quelli del presidente della Repubblica e travolge in caso di caduta del premier l’intero parlamento, come avviene similmente nei Comuni nei rapporti tra il Sindaco e il consiglio comunale.

Si registra infine un distinzione tra Italia viva e Azione, dopo le polemiche degli ultimi tempi per la mancata fusione, perché Carlo Calenda non vuole sottrarsi al confronto con tutte le forze politiche sul sistema costituzionale anche in un’apposita commissione, mentre Italia viva non vuole commistioni con il movimento 5 stelle nemmeno in un coordinamento per le riforme di sistema e giudica poco dignitosa una posizione politica di avvicinamento tra Conte, Schlein e lo stesso leader di Azione.

 

 

 


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