“Giacchino mettette ‘a legge e Giacchino fuje acciso” – oggi ESPRESSO NAPOLETANO, la rubrica domenicale di Magazine Pragma, con un rapido salto indietro nel passato vi porta nel 1808, nel regno di Gioacchino Murat.
“Giacchino mettette ‘a legge e Giacchino fuje acciso”, da dove ha origine questo modo di dire?
A casa nostra si è sempre detto “Giacchino mettette ‘a legge e Giacchino fuje ‘mpiccat”, ma abbiamo sempre sbagliato perchè “Giacchino”, ovvero Gioacchino Murat, cui l’espressione si riferisce, non morì impiccato, bensì fucilato.
Ma andiamo per ordine. Gioacchino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte per aver sposato la sorella minore Carolina Bonaparte, nel 1808 venne nominato dallo stesso Napoleone Re di Napoli e del Regno delle due Sicilie.
Amato dal popolo per la sua attenzione a porre rimedio alla miseria, Murat fu, invece, ritenuto un elemento particolarmente scomodo per il clero soprattutto dopo che ebbe legalizzato per la prima volta in Italia, il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, introducendo nel regno il Codice napoleonico.
A Napoli Murat portò avanti tantissime opere pubbliche, liberò Capri dagli Inglesi e represse il fenomeno del brigantaggio. Il favore del popolo fu tale che Torre Annunziata fu rinominata “Gioacchinopoli“.
Dopo aver combattuto accanto a Napoleone tra il 1812 ed il 1813 , si accorse che rischiava di perdere il regno. Tra perdere il Regno delle due Sicilie e tradire Napoleone, Murat scelse il tradimento, stipulando con l’Austria un trattato di alleanza tra Vienna e Napoli.
La legge del 1808 gli fu fatale
Quando Napoleone chiese l’aiuto di Murat, questi scrisse una lettera all’Austria in cui annunciava che avrebbe fornito il suo aiuto a suo cognato. Di contro l’Austria firmò un trattato con Ferdinando I di Borbone, che venne legittimato dal Congresso di Vienna, come autentico re del Regno delle due Sicilie.
Ora, Gioacchino Murat, nel 1808 aveva emanato una legge contro chi avesse attentato al legittimo potere costituito.
Avendo ricevuto notizie di malcontento da parte del popolo napoletano ora sotto il regno di Ferdinando I di Borbone, Gioacchino Murat decise di andare a riprendersi il Regno, ma sulle coste calabresi venne catturato dalla gendarmeria borbonica, condotto in prigione e condannato a morte in applicazione alla sua stessa legge del 1808.
Oggi dire “Giacchino mettette ‘a legge e Giacchino fuje acciso” equivale a dire “Chi è causa del suo male, pianga se stesso”.
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