“Va’ a vasà ‘o pesce ‘e San Rafèle”, nulla di volgare, anzi…


“Va’ a vasà ‘o pesce ‘e San Rafèle” è una frase che può destare ilarità. Si tratta in realtà di un buon augurio rivolto alle donne. Significa augurare loro amore, abbondanza e fertilità. Con ESPRESSO NAPOLETANO, la rubrica domenicale di MAGAZINE PRAGMA, questa volta faremo un salto nel rione di Materdei dove si trova la bellissima chiesa di San  Raffaele, realizzata su progetto di Giuseppe Astarita, allievo di Domenico Antonio Vaccaro.

“Va’ a vasà ‘o pesce ‘e San Rafèle”

La chiesa di Materdei è testimone da secoli di un rito popolare. L’edificio in stile barocco accoglie numerosi capolavori tra i quali la statua di San Raffaele.

La chiesa è conosciuta anche come “la chiesa della fecondità” per via di un episodio biblico riportato nel “Libro di Tobia” dove si narra che Tobia doveva attraversare il fiume Tigri, ma un grosso pesce glielo impediva. Solo grazie all’intervento dell’arcangelo Raffaele Tobia riuscì a raggiungere l’altra riva dove ad attenderlo c’era Sara che poi divenne sua sposa.

Per questo motivo San Raffaele è spesso rappresentato con dei pesci. A Napoli, da questo racconto, nacque l’usanza per le donne sterili e quelle in cerca di marito di recarsi nella Chiesa di Materdei per baciare il pesce che caratterizza la statua di San Raffaele raffigurata insieme a Tobia.

 

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